Da proprietario dell’Atomic a responsabile del Wootsu Society al The Doping Club, 30 anni di carriera e incontri speciali di Franco Tucci Ponti
È una vita acrobatica quella del bartender.
Vissuta dietro al bancone, in bilico tra drink e studio, incontri e viaggi, lunghe notti e giornate perse, è la vita che Franco Tucci Ponti conduce da quasi 30 anni.
“Ho iniziato dal basso come lavabicchieri. Avevo 14 anni, pochi soldi personali ma tanta voglia d’indipendenza. La mia spinta è stata la passione, la voglia di imparare il mestiere. Quando il titolare del locale per cui lavoravo mi comprò la divisa e mi chiese di passare al banco per aiutare il barman, non ebbi nessun dubbio. Sarebbe stata la mia strada. Mi tagliai i capelli e indossai giacca e farfallino. Ma sono partito in salita. Se durante una preparazione sbagliavo a passargli una bottiglia il mio capo mi bacchettava le nocche con il barspoon. Tanto perché capissi”, ricorda il bartender che oggi è responsabile del Wootsu Society, il secret bar all’interno del The Doping Club.
Perché il bar è come una palestra. “Direi un circo, una giostra dalla quale se sali non vuoi più scendere”.
Come un nomade, i viaggi e le persone conosciute grazie a questo lavoro fanno il resto. A 18 anni Franco Tucci Ponti va a Londra per un anno come barman in un ristorante vietnamita a South Kensington. Passa poco e vola a Los Angeles allo Standard Hotel e ci resta per tre anni. Poi è la volta di Parigi e Berlino.
Nel 1999 torna a Milano, allo Union Club da dove riparte fino ad approdare in grande stile all’Atomic che, quale proprietario, fa decollare e riconoscere come punto di riferimento della vita notturna milanese e drink-stop di artisti come Franz Ferdinand e Nike Cave.
Sono stato proprietario dell’Atomic per molti anni e questo mi ha dato la possibilità di incontrare tantissima gente. Dietro al bancone o in giro per il mondo ho incrociato anche Joe Strammer e Paul Weller, fino al re di Thailandia. Perché questo mestiere non è solo fatto di drink da eseguire, ma soprattutto di incroci, amicizie e luoghi da esplorare”.
E, anche per questo, Milano resta il top per Tucci. Almeno tra le città italiane. “Milano è una grande casa in cui mi occupo anche di consulenze ma sono un irrequieto, uno che ha bisogno sempre di alzare l’asticella e trovare nuovi stimoli”. Può essere considerato un difetto? Forse, ma è anche la forza di Tucci che si sente e si prova a ogni suo cocktail.
“Non salvo vite umane e non sono un artista. Sono uno che infrange le regole della miscelazione e ci mette l’anima portando in ogni bar qualcosa di diverso che mi rappresenta. Oggi i cocktail stanno vivendo una seconda giovinezza con bartender più formati, consapevoli e più attenti allo scambio d’informazioni, ai prodotti e a un livello qualitativo degli ingredienti e delle tecniche utilizzate. La mia più grande fortuna è l’esperienza che ho accumulato”.
L’esperienza, quella fatta sul campo, che porta Franco Tucci Ponti a scegliere sempre il meglio, soprattutto a Milano. “Qui è facile ma non scontato. Sono un tipo riservato e quando esco vado al Mio Lab, al Pinch, al Mag oppure resto nei locali che curo, come il Wootsu Society del The Doping Club o il Filz. Altrimenti me ne vado a cercare posti che mi fanno sentire in famiglia anche se non mi conoscono. Ma non voglio svelare altro”.
Giusto, perché ovunque Tucci si trovi e lavori mantiene la sua riservatezza seguendo il vecchio ma sempre attuale motto “What happens in Atomic stays in Atomic”.