Del colore delle pepite, questo drink è noto fin dai primi anni dello scorso secolo e compare nei ricettari più noti, come quello del Savoy. Nel 1961 entra nelle liste IBA
Gli appassionati del Martini non ce ne vogliano se attribuiamo al re dei drink una parentela, seppur alla lontana, con l’Alaska cocktail.
Quest’ultimo, storceranno il naso i puristi, potrebbe essere un cuginastro del Martini perché di fatto è a base gin, anche se al posto del vermouth secco, richiede del liquore francese che dona al drink una colorazione giallo-oro grazie alle erbe presenti nella ricetta.
Dai giacimenti d’oro al libro di Straub
L’Alaska cocktail è un drink piuttosto longevo con oltre un secolo di vita. La prima volta che se ne legge qualcosa è su Drinks di Jacques Straub, pubblicato nel 1914.
Non si sa di preciso da dove il cocktail abbia preso il suo nome, ma di certo il territorio dell’Alaska era in quegli anni argomento di conversazione nei salotti delle grandi città statunitensi. Acquistato ai russi nel 1912 per la cifra di 7,2 milioni di dollari dal governo americano, subito dopo l’acquisizione, l’Alaska diventa terra di cacciatori d’oro, provenienti da ogni angolo del continente.
Dorato è anche il colore del drink che, riscoperto soprattutto negli Stati Uniti in questi ultimi anni, viene preparato nei bar di noti ristoranti newyorkesi come The Grill, all’interno del Seagram Building di Manhattan, o nei locali più alla moda di Chicago come gli speakeasy The Office e Golden Teardrps.
La variante dell’Alaska del Savoy Cocktail Book
Ma torniamo alla sua storia. Nel 1930 l’Alaska è uno dei drink che compaiono nel Savoy Cocktail Book, il ricettario di Harry Craddock.
Ma se 16 anni prima Straub consigliava l’Old Tom Gin, Craddock nel suo libro lo sostituisce con il London Dry gin, un’interpretazione che piace e diventa popolare, tanto che nel 1961 raggiunge il maggior riconoscimento entrando a far parte, senza la presenza dell’orange bitter, degli elenchi IBA.
Dal libro di David Embury
Altra variazione sul tema è quella proposta nel libro di David Embury, The Fine Art Of Mixing Drinks pubblicato nel 1948. Qua, si racconta che, oltre ad essere talvolta chiamato anche Oriental, lo si realizza con una o due parti di Sherry secco a discapito di una di liquore francese.
Quindi, non vi è venuta sete? Se volete provare l’originale, o una delle sue interpretazioni più note, di seguito vi proponiamo le tre ricette che potete sperimentare anche a casa.
Alaska cocktail pubblicato da Jacques Straub nel 1914
Ingredienti
45 ml gin Old Tom
22,5 ml liquore francese
1 dash Angostura orange bitter
10 ml acqua fredda
Preparazione
Usare lo shake e servire il tutto in una coppa, come si legge dal Drinks di Jacques Straub. La mancanza di dettagli ulteriori ha permesso ai grandi bartender ed esperti di interpretare nel tempo la codifica degli strumenti a proprio piacere, come ha fatto Craddock nel suo “The Savoy cocktail book” che lo vuole agitato o l’autorevole Simon Difford che predilige la tecnica dello stir & strain.
Garnish
Il top è una semplice scorza d’arancia che riprende la profumazione dell’angostura.
Alaska cocktail pubblicato da Harry Craddock nel 1930
Ingredienti
45 ml London Dry gin
15 ml liquore francese
10 ml acqua
Preparazione
Unire gli ingredienti nello shaker ben ghiacciato, agitare e filtrare in una coppa precedentemente raffreddata. Secondo Difford’s Guide, invece, preparare utilizzando la tecnica dello stir & strain e poi servire in una coppa Nick & Nora.
Garnish
Uno zest d’arancia è la decorazione ideale per questo drink.
Alaska cocktail pubblicato nel libro di David Embury nel 1948
Ingredienti
60 ml London Dry gin
12,5 ml liquore francese
20 ml sherry
Preparazione
Utilizzare la tecnica dello stir & strain e servire in una coppetta appena tolta dal frigo.
Garnish
Una foglia di menta rinfresca il drink al punto giusto. Ecco come decorarlo, secondo la ricetta riportata da Difford’s Guide.