Il Makgeolli è un vino di riso tradizionale coreano. È proprio da questo interessante prodotto alcolico che ne deriva un altro che conosciamo sicuramente meglio: stiamo parlando del sakè giapponese. Per prepararlo anche a casa basta seguire alla lettera due sole fasi anche se i passaggi, nell’antichità, potevano arrivare sino a 21.
Prima del sakè c’è il Makgeolli
Siete sicuri che non avete proprio mai avuto niente a che fare con il Makgeolli coreano?
Se la vostra risposta è “sì”, sappiate già che alla fine di questa frase vi ricrederete perché ha ispirato la produzione di un fermentato di riso ormai piuttosto consumato anche nel nostro Paese: il sakè. Il sakè giapponese deriva proprio dal Makegolli, bevanda tradizionale coreana che chiaramente si ricava anch’essa dal riso.
Produrla richiede meticolosità e attenzione: è un susseguirsi di filtraggi e di attese. Osserviamo dunque la mixology da un’angolazione più orientale e cerchiamo quanto possibile di saperne di più del Makgeolli, il vino di riso coreano (che a proposito si pronuncia makgollì).
Quando veniva utilizzato il Makgeolli?
Come molti altri alcolici, veniva utilizzato principalmente come potente rimedio medico. Per dirla in maniera molto sintetica, il Makgeolli era una bevanda alcolica diffusa per lo più tra le fasce della popolazione meno abbiente. Eppure, persino il re coreano era solito bere questa bevanda la cui preparazione prevedeva ben 21 fermentazioni.
Come si produce il Makgeolli?
La produzione attuale del Makgeolli si divide in due fasi: danyangju e deotsul. Prima però dobbiamo precisare che in realtà è un prodotto non pastorizzato. Tuttavia, quello importato nel nostro Paese lo è.
Questo perché altrimenti la bevanda continuerebbe a fermentare in bottiglia e si otterrebbe dell’aceto di riso. La pastorizzazione in questo caso è favorita dai composti aromatici e da un processo di rimozione degli enzimi.
Dopo questa piccola precisazione, adesso è il momento della full immersion: guardiamo più da vicino i due processi produttivi da cui si ricava il vino di riso coreano, il Makgeolli.
La prima fase di fermentazione: danyangju
Un ruolo fondamentale in questa prima fase è l’utilizzo di un fermento, il nuruk che si ottiene da riso, orzo e grano. Possiamo in un certo senso paragonarlo –dal punto di vista della funzione che svolge- al lievito di birra.
Il sapore del Makgeolli dipende molto dalla tipologia di nuruk che viene utilizzata, ma dipende anche dalla scelta del riso che, in questa prima fase è mischiato con acqua e lieviti (dopo esser stato cotto e raffreddato).
Inizia dunque la prima fase di fermentazione, che dura due giorni: in Corea il composto è lasciato riposare in cesti di argilla detti onggi.
La seconda fase di fermentazione: deotsul
Dopo due giorni, si può procedere con il secondo passaggio: il deotsul –attraverso il quale i sapori si bilanciano e il livello alcolico del fermentato aumenta. Bisognerà, in questa fase, aggiungere dell’altro riso.
Il primo step di questa fase prevede di lavare il riso e di tritarne la parte più solida, procedendo poi con l’aggiunta del nuruk. Il secondo step verte tutto sull’unione del riso cotto al composto alcolico che si è ottenuto in un primo momento.
Parte dunque la fermentazione (dura un mese) che avviene ad una temperatura massima di 25 gradi. Il riso si sarà quindi sciolto e non ci sarà più traccia delle bollicine dei lieviti: ciò significa che il Makgeolli potrà essere filtrato e bevuto. La sua gradazione alcolica sarà adesso compresa tra i 5 e i 6 gradi.
Preparare a casa il vino di riso coreano, è paradossalmente fattibile: serviranno giusto un chilo di riso, un litro di acqua tiepida e cinque grammi di lievito in alternativa al nuruk.
Come bere il Makgeolli?
Il Makgeolli può essere utilizzato in mixology. È meglio, ad ogni modo, consumarlo fresco, in tempi veramente brevi.
In Corea si è soliti berlo in accompagnamento ai piatti più tradizionali come il kimchi (un piatto fermentato) o zuppe di riso.