Harry Johnson (1845-1936) ha gestito locali di successo e scritto un libro fondamentale. Ha spesso litigato con il collega Jerry Thomas e ha inventato un lavoro che prima non esisteva: il consulente nell’apertura e gestione dei bar. Ha anche infiocchettato la propria storia, talvolta cedendo alla frottola più sfacciata. Al netto di questo, però, appartiene di diritto alla storia della mixology.
Harry Johnson, dalla Prussia con amore
Johnson nasce nel 1845 in Europa nordorientale, nei territori che all’epoca appartenevano alla Prussia. Si imbarca giovanissimo e diventa marinaio. Tutto sembra destinarlo a una carriera fatta di rotte marittime, salsedine e gabbiani che annunciano l’avvicinamento alla terraferma.
Invece un giorno si rompe un bracco e un’anca, e nel 1861 viene sbarcato a San Francisco per ricevere cure adeguate. Appena è in grado di lavorare gira le spalle all’oceano e si fa assumere come garzone di cucina presso l’Union Hotel. È il suo ingresso ufficiale nell’industria dell’ospitalità.
Otto anni più tardi si trasferisce a Chicago e apre un locale tutto suo. Come sia passato dalla cucina al bar non è chiaro: l’unico dato certo è che dietro il bancone ottiene grande successo. La gente fa la fila per entrare, lui gongola e diventa sempre più famoso. I quotidiani locali lo incaricano di scrivere articoli dedicati ai cocktail e non mancano inviti a tenere conferenze.
Da Chicago a New York City
All’apice della carriera il destino gli gioca un brutto scherzo: fra l’8 e il 10 ottobre 1871 un colossale incendio devasta Chicago, bruciando qualcosa come nove chilometri quadrati di città e uccidendo centinaia di persone. Harry Johnson sopravvive, ma il suo locale è un cumulo di cenere.
Tempo di lanciare qualche improperio e Johnson decide che Chicago non ha più nulla da offrirgli. Si trasferisce a New York. Qualche tempo dopo, per la precisione nel 1877, acquista un bar storico, il Little Jumbo, e torna a far parlare di sé.
Harry Johnson, il primo consulente per bar
Il suo cuore batte però per una nuova impresa: nel 1890 appende la carriera di bartender al chiodo e apre un’agenzia di consulenza per la gestione dei bar. È la prima volta che nel settore compare una simile figura professionale.
Gli storici non hanno trovato fonti autorevoli che aiutino a capire quanto questo lavoro abbia avuto successo. Di fatto Harry Johnson non tornerà più dietro il bancone di un bar: le consulenze gli hanno dunque procurato di che vivere. Magari non in modo lussuoso, ma dignitoso sì.
La rivalità con Jerry Thomas
In tutto questo, Harry Johnson ha trovato il tempo per fare altre due cose: scrivere un manuale piuttosto importante e litigare tantissimo con Jerry Thomas, il papà della mixology statunitense. Partiamo da questo secondo fatto.
Non sappiamo come mai i due abbiano iniziato a guardarsi in cagnesco. Si sono conosciuti a San Francisco, questo è un fatto noto, ma l’origine della reciproca antipatia è misteriosa. Di certo ha raggiunto livelli notevoli. Per esempio, quando Johnson prese le redini del Little Jumbo, Thomas si premurò di comunicare a gran voce la sua posizione a riguardo.
Anni prima aveva infatti lavorato in quel medesimo locale e non voleva che il suo nome fosse in alcun modo collegato a quello del rivale. Specificò dunque di non avere più alcun legame con il Little Jumbo e di non desiderare alcuna associazione con la nuova gestione.
Si narra di scenate colossali, cocktail gettati a terra e accuse di scarsa professionalità. Insomma: due galli nel medesimo pollaio, che si scambiano beccate furibonde.
Infiocchettare il racconto di sé
Non è escluso, ma è solo un’ipotesi, che il carattere spigoloso di Harry Johnson abbia gettato benzina sul fuoco. Come accennato in precedenza, era un tipo facile all’esagerazione. Per esempio, descriveva il suo bar di Chicago come il migliore di tutti gli Stati Uniti. Affermazione che implicitamente emetteva un giudizio di merito su tutti gli altri, compresi quelli di Jerry Thomas.
Affermava anche di avere organizzato una competizione tra i migliori bartender della nazione e di averla vinta sbaragliando i concorrenti. Pur non citando esplicitamente Thomas, è evidente che una gara fra i migliori doveva per forza comprenderlo.
Il fatto che non ci siano riscontri ufficiali dell’evento, che di fatto è esistito solo nelle parole di Harry Johnson, spalanca le porte all’ipotesi della frottola spudorata. Thomas, pure lui una prima donna, ne avrà presumibilmente ricavato ragioni di risentimento.
Il secondo libro più importante al mondo
La rivalità fra i due è stata anche cornice di un libro, che in realtà merita attenzione al di là dei litigi. Si intitola New and Improved Bartender’s Manual, noto anche come How to Mix Drinks in the Present Style. Harry Johnson lo pubblica a proprie spese nel 1882, in lingua inglese e tedesca.
Vi si trovano ricette di cocktail e soprattutto indicazioni su come diventare un valido bartender e come gestire un locale. È la prima volta che un manuale di mixology dedica spazio a questi argomenti.
Una nuova edizione, ampliata, esce nel 1900. Ma è un’altra a essere oggetto di dibattito. Il titolo del 1882 (New and Improved Bartender’s Manual) suggerisce l’esistenza di un testo precedente. Qui entriamo però nel regno dei libri misteriosi, quelli che i collezionisti sognano di scovare, pur sapendo che è praticamente impossibile farlo.
Harry Johnson sostiene che l’edizione originale risale al 1860. Cioè due anni prima che Jerry Thomas pubblichi il seminale The Bar-Tender’s Guide, quello che è considerato il primo manuale di cocktail nella storia.
Johnson afferma di averlo scritto per venire incontro alle “costanti richieste di consigli da parte di tutti coloro che lavoravano nel business degli hotel, dei bar e dei ristoranti”. Risultato: diecimila copie vendute in meno di una settimana, un risultato impressionante.
Peccato che non esista alcuna traccia di questa edizione: mai una copia è stata rinvenuta. Inoltre, nel 1860 Harry Johnson era ancora un marinaio quindicenne, che di lì a poco si sarebbe rotto le ossa e sarebbe stato sbarcato a San Francisco.
Insomma, se prima del New and Improved Bartender’s Manual c’è stato un Bartender’s Manual, sicuramente non è stato pubblicato nel 1860. Al di là dell’ego di Johnson e del suo desiderio di pestare i piedi al rivale Jerry Thomas, resta il fatto che parliamo di un testo notevole. È il primo in cui ci si dilunga sulla gestione di un bar ed è considerato il secondo più importante libro di mixology pubblicato nel XIX secolo. Dopo, ovviamente, The Bar-Tender’s Guide.
Immagine di copertina tratta da Harry Johnson’s Bartender’s Manual. 1888, public domain