Con la palma da cocco si possono fare moltissime cose: costruire una casa, confezionare un abito, alimentare il motore di un’automobile e ovviamente nutrirsi. O anche, ed è l’argomento che ci interessa, utilizzare l’acqua, il latte, la crema, l’olio o lo sciroppo in mixology. Tanto da farne uno degli ingredienti distintivi dei cocktail tropicali.
Cocco e mixology
La preistoria della mixology incrocia spesso la strada di velieri, pirati e marinai. I primi drink alcolici nascono infatti come rimedio medico, per rendere gradevoli lime e limone utili a prevenire lo scorbuto. Molti ritengono che l’ingresso del cocco in mixology sia avvenuto nel medesimo modo, a bordo delle navi che percorrevano le rotte caraibiche.
Insomma: oltre al lime e all’alcol poteva fare capolino la acqua di cocco. Alcuni studiosi ritengono che questa usanza si sia diffusa nel corso del XVIII secolo e sia giunta fino ai giorni nostri.
Acqua, latte, crema, olio e sciroppo
Aprendo una noce troviamo una parte solida, la polpa, e una liquida e semitrasparente: l’acqua di cocco. Quest’ultima ha un sapore dolce, con leggeri sentori di cocco e una bella freschezza.
Il latte si ottiene a partire dalla polpa. Il procedimento artigianale prevede di grattugiarla e frullarla con acqua calda, senza aggiunta di zuccheri. I sentori di cocco sono più evidenti e la consistenza è cremosa.
La crema deriva dal latte di cocco addizionato di zucchero. In linea di massima la consistenza è maggiore e le note dolci sono in primo piano. Latte e crema hanno inoltre una maggiore percentuale di grassi, rispetto all’acqua.
In ognuno di questi casi (acqua latte crema) è possibile variare consistenza e sapore eliminando o aggiungendo acqua. Cosa che invece non accade con l’olio di cocco, che si ottiene sempre dalla polpa.
Infine, lo sciroppo non è altro che sciroppo di zucchero aromatizzato al cocco. Meglio diffidare dei prodotti industriali, che spesso utilizzano aromi artificiali e non partono invece dalla polpa: mancano di cremosità, grassezza e il gusto di cocco è un po’ finto.
Cocco e mixology, quando utilizzarlo nei cocktail
In mixology, ogni declinazione del cocco si presta a usi differenti. L’acqua è uno degli ingredienti dello Scotch and Coconut e dello Snake Eye. E fa la sua bella figura come sostituto della soda nei cocktail della famiglia highball: per esempio in un Paloma o in un Cuba Libre. Gli esperti suggeriscono di utilizzare l’acqua di cocchi verdi, che ha un sapore migliore.
Il latte e la crema modificano la texture dei drink: dettaglio che dev’essere tenuto ben presente. Il primo compare nella Piña Colada e nella Batida de coco, forse i più celebri cocktail “al cocco”, mentre la crema è presente nella ricetta del Painkiller.
L’olio ha un profilo aromatico molto forte. Da qui l’uso cauto e raro nei drink, spesso giusto un paio di gocce e niente più. In ultimo, vale la pena di accennare al fat washing, cioè la tecnica di infusione che incorpora, nei distillati, dei grassi (in questo caso quelli del cocco). È possibile adottarla con rum e cachaça, ma anche con whisky e vodka, ed è utilizzata soprattutto nei craft cocktail.