«Da piccola passavo molto tempo con mia nonna e disegnavo, sognando di diventare una fashion designer. Del resto, sono sempre stata una dreamer». Una visionaria Xin Ge Liu. Che i suoi desideri li ha realizzati tutti, andando oltre l’immaginato e l’immaginario.
«Alle superiori avevo già masticato l’arte e il design, per questo pensai bene di approfondire l’argomento. E dove se non a Firenze? Mi pareva la scelta più coerente», continua lei. Millesimo 1993, i suoi natali affondano in una cittadina a trecento chilometri a nord di Pechino (non lontano dalla Mongolia) e ha una formazione al Polimoda fiorentino.
«Dove ho studiato taglio e cucito, ricamo e drappeggio, apprendendo anche le tecniche per la creazione di modelli». E si sa, è bene imparare l’arte e metterla da parte. Per ripescarla al momento giusto.
Il Gusto di Xinge
L’arte, la moda, lo stile e il design riemergono ed esplodono nel ristorante che in viale Belfiore (nella zona di Porta al Prato) va sotto il nome de Il Gusto di Xinge. Un’insegna che è molto più di un’insegna: un brand potentemente riconoscibile.
Una griffe con l’x factor: quello di Xin Ge, sfinge autorevole ed eterea, determinata e delicata, acuta e concreta, audace e garbata, eccentrica e concentrata. Affiancata dal marito Lapo Bandinelli (toscanissimo di Borgo San Lorenzo), che governa i 150 metri quadrati di una sala sospesa fra metafora e realtà, metafisica e mondanità.
Progettata dallo studio di architettura B-arch e pronta a svilupparsi fra tratti rigorosamente essenziali e una teoria di morbidi archi contemporanei, modulati in prospettiva e fieri di evocare gli antichi portali cinesi. Andando a reiterare quella “G” che incarna la ricerca dell’equilibro e della perfezione, ma pure l’infinito fluire di un (quasi) cerchio. Figura focale della visual identity del locale, imbastita addosso da un’agenzia di comunicazione quale Almagreal.
Tutti i colori di Xin Ge Liu
E poi? C’è il colore. Anzi, i colori. Perché un ambiente va vestito, abbigliato, decorato. «Amo il nero. Ma dipende dal momento. Talvolta sono più blu o più pink. Poi mi piace mescolare, giocare con gli opposti. Fra gli stilisti quello che ammiro di più è John Galliano. Ha saputo trasformare la moda in emozione», svela Xin Ge. Che abita nel quartiere cool di San Frediano e che per l’altra sua “casa” ha fatto una scelta cromatica precisa, prediligendo l’arancione e il blu china.
Il primo a richiamare, con cifra moderna, il rosso mattone delle lacche cinesi, ma anche a esprimere forza, energia, calore e amore; il secondo a condensare e catturare il senso elettrico del lampo, del bagliore, dell’istante, della tenacia e del coraggio. Due colori diversi, che si attraggono e si contaminano. Come il vicino e il lontano, la profondità e la leggerezza, l’Oriente e l’Occidente, il soffice e il croccante, il caviale e le nuvole di drago, gli shiitake e il tartufo.
«Come la seta e il velluto. Un tessuto che mi ricorda i pantaloni old style di mio nonno. Adoravo toccarli», rivela la patronesse. Che per le lampade del ristorante ha selezionato un raso blu. Colore che tinge pure le sedute in stoffa. «Le divise della brigata le ho volute così: pantaloni e giacca, in diverse nuance di nero, con tanto di sciarpa a completare la mise. Ho acquistato un tessuto di 55 metri, che poi ho consegnato a un sarto di Prato», dichiara la stilista-chef. Che fonde cibo e moda, moda e cibo.
La moda incontra la ristorazione
«Tanti sono i marchi che hanno aperto un ristorante. Noi però vorremmo fare un’altra cosa. Raccontare la moda attraverso il cibo e il cibo attraverso la moda». In un ipnotico connubio di bacchette e matite. Sì, perché Xin Ge il piatto prima lo immagina e poi lo disegna. Realizzando una sorta di moodboard, in cui convergono sensazioni, vibrazioni e ispirazioni. Per tracciare infine uno schizzo: un cartamodello da tradurre in sapori, toni e contrasti. Non dimenticando mai l’estetica. Perché bontà e bellezza devono convivere, e i dettagli sono fondamentali.
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