L’Aquavit è un botanical spirit che proviene dalla Scandinavia. Non è un gin, ma potrebbe avere la stessa fortuna del mezcal grazie alla sua versatilità. A sostenerlo il noto bartender Toby Cecchini, proprietario del Long Island Bar di New York, in un’intervista a Drinks International.
Prodotto dalla distillazione di cereali e patate, poi aromatizzato con aneto e cumino, il distillato scandinavo è fortemente amato nel suo Paese, anche se la sua produzione a poco a poco sta diventando internazionale. Uno studio dell’IWSR Drinks Market Analysis ne spiega la tendenza.
Aquavit, sembra gin ma non lo è
Gemello alcolico eterozigote del gin, l’Aquavit è un distillato la cui produzione risale al 1400 all’interno dei Paesi Scandinavi. Il nome ne suggerisce il significato. Aquavit, infatti, è un’acquavite che, a differenza del parente inglese, rimpiazza il ginepro con aneto e cumino dopo la distillazione di patate e cereali.
Essendo particolarmente speziato, influisce positivamente sulla personalità di un drink portandolo a esprimere sapori e profumi nascosti, migliorandone alcune caratteristiche. Quasi a conferirgli una seconda vita alcolica durante l’esperienza di chi crede di aver ordinato il solito drink.
Un distillato in piena corsa
Guardando avanti c’è chi scommette che l’Aquavit diventerà sempre più apprezzato e popolare nel mondo mixology – sia per i drink lover, amanti del nuovo e più consapevoli di ciò che vogliono bere, sia per i bartender interessati a esplorarlo nei loro signature drink.
Tra i professionisti ci sono Monica Berg del noto Tayer + Elementary di Londra e Toby Cecchini, proprietario del locale newyorkese Long Island Bar e inventore del Cosmopolitan moderno. Proprio quest’ultimo sostiene che l’Aquavit è destinato a seguire la strada del successo del mezcal grazie a morbidi sentori balsamici e speziati dolci.
Non a caso Cecchini vanta la più grande “collezione” di New York in bottigliera di questo nordico botanical spirit.
Il consumo locale
Ma l’Aquavit è soprattutto forte in casa, dove gode di un grande supporto e consumo. Fino al 1996 in Norvegia vigeva il monopolio. Poi la produzione e la vendita si sono separati, con i negozi che restano di proprietà dello Stato e la produzione che viene privatizzata. Dal 2005 iniziano anche a nascere, ma solo in Norvegia, le distillerie che ad oggi sono ben 30.
Questo determina, da una parte, il consolidamento del successo locale, ma dall’altra la difficoltà dell’Aquavit di emergere come meriterebbe anche all’estero a causa di un target di consumatori troppo vecchio. Di recente c’è stata una svolta sul mercato che ha visto i più importanti produttori di Norvegia e Finlandia fondersi al fine di ampliarne la risonanza.
Un distillato sempre più premium
“L’Aquavit ha subito un declino graduale dai numeri record degli anni 1990”, afferma Humphrey Serjeantson, direttore della ricerca presso IWSR Drinks Market Analysis. Ma anche se la sua diffusione oggi è lenta, i progressi a livello qualitativo dell’Aquavit stanno toccando rapidamente l’eccellenza. Il detto “meno, ma di qualità” è un must, come rivelano anche le tendenze mixology 2023.
Il carattere premium di questo distillato infatti cresce tanto che le stime dello studio dell’istituto londinese portano a supporre che nel 2026 il consumo salirà al 25%. In fondo, la produzione artigianale è sempre stata il tratto distintivo dell’Aquavit, che potenzialmente può essere realizzato ovunque.
Un’azienda indipendente con sede a Oslo, per esempio, ha dichiarato di vendere l’Aquavit prodotto in Australia. Ma la presenza del distillato sui banconi fuori dal confine non è ancora forte anche se in crescita.
Proprio come gli altri spiriti regionali tradizionali, vedi lo shochu e il baijiu, le potenzialità dell’Aquavit sono immense ma non ancora così note a tutti i bartender. Da qualche anno però il distillato scandinavo si sta facendo apprezzare dagli inglesi, dagli americani e dagli australiani. Un buon segno per chi segue le tendenze.
C’è un Aquavit per tutti i gusti
Le varianti del distillato create per alcuni cocktail ne sono la prova. C’è l’Aquavit dai sentori freschi perfetta per un cocktail Gimlet, quella aromatizzata al pompelmo per il Paloma, Aquavit invecchiata in botti di Madeira o in botti di rovere, perfetta per preparare miscele a base rum o un Penicillin. E poi, c’è anche l’Aquavit giusta per realizzare un Negroni inedito, dal twist scandinavo.
È probabile che l’entusiasmo di Monica Berg, riguardo all’utilizzo di questa acquavite particolare, sia contagioso e che la previsione di Toby Cecchini, secondo cui il distillato nordico possa diventare “il prossimo mezcal”, si avveri.
Nell’attesa ciò che è certo è che l’Aquavit possiede un potenziale immenso che può trasformarlo nel prodotto che fa la differenza per bartender e appassionati di un distillato di qualità che ha origini al Nord ma può nascere ovunque.