Tiffany e Oscar Bencivenga hanno capito che l’uniforme del bartender è molto più importante di quello che si pensi: è il simbolo umano del bar, un’armatura per chi fa da bere e l’amplificazione dell’esperienza estetica per il cliente. Per questo hanno aggiunto questo servizio per il settore dell’hospitality al tradizionale marchio di sartoria della loro famiglia.
L’arte dell’intrattenere
Fare il mixologist, infatti, significa mettersi naturalmente su un palcoscenico. L’impressione, il divertimento, il farsi vedere è di fatto tanto parte del gioco quanto lo è mescolare con un cucchiaio buffo tre ingredienti più ghiaccio. Anzi: ad agitare o lanciare per aria dei liquidi possono imparare tutti, a intrattenere no. La cura del dettaglio, il sorriso, la presentazione sono essenza pura di bar.
C’è però un elemento che più degli altri cattura l’attenzione e parla tanto del locale, di come è fatto e di come tratta gli ospiti: la divisa. Che sia una giacca bianca, un grembiule, un completo o un mezzo kimono, la divisa non è per il bartender solo qualcosa da indossare. È simbolo di appartenenza e luccichio. Pesa come un’armatura, a ricordare il peso di un lavoro difficilissimo, quello dell’ospitare. E come ogni armatura che si rispetti, la divisa del bartender ha i suoi simboli, da rispettare, da elevare e da adorare.
Le divise firmate Bencivenga
Ne consegue che disegnare, costruire, personalizzare le divise dei mixologist è un lavoro serio, preso in considerazione da chi vuole fare bar seriamente. Tiffany Bencivenga, campano – dove la sartoria è affare di stato, un’altra di quelle arti immortali di Napoli e dintorni oltre al caffè, ai dolci, alla pizza, eccetera – lo fa da dieci anni, ha cominciato quasi per caso e oggi il suo servizio per bar è uno dei più conosciuti nella industry italiana e non solo.
I completi del Connaught Bar di Londra, le divise del nuovo Giardino Cordusio a Milano, le giacche di Giancarlo Mancino, i Buddha Bar di Francesco Galdi, le nuove divise del Morgana di Taormina: hanno tutti in comune Unibe, il marchio di uniformi Bencivenga. «La mia famiglia fa sartoria da sempre. Iniziò mia nonna al confine tra Napoli e Caserta, poi il papà di mia mamma, poi mio papà e il suo gemello e quindi io e mio fratello Oscar. Con mio padre e mio zio, Bencivenga è diventato un marchio con negozi, sia di ready to wear che di sartoria su misura. Noi abbiamo continuato la tradizione e dieci anni fa abbiamo aggiunto questo servizio per il settore dell’hospitality».
Tiffany e Oscar Bencivenga
Con stampe particolari, abiti su misura e l’esperienza nel campo della sartoria, Tiffany e Oscar Bencivenga hanno iniziato a vestire l’hospitality quasi per caso, aggiungendo anno dopo anno tasselli, miglioramenti e lavorando a quattro mani con il cliente e le sue esigenze, come i veri sarti sanno fare.
«Tutto è iniziato durante un trunk show a Dubai anni fa. Per un evento, Bar 44 ci ha chiesto di dare delle camicie ai ragazzi che lavoravano: sono piaciute così tanto che ci hanno chiesto una fornitura» racconta Tiffany. «Ci siamo resi conto che c’era un mercato, che potevamo aiutare le persone del settore a sentirsi meglio con sé stesse, creare un’identità visiva e coerente».
La divisa giusta per il giusto palcoscenico
Per farlo, Bencivenga si è chiesto che cosa servisse a un bartender, quali fossero le esigenze estetiche e i risvolti tecnici della divisa. «I bartender sono delle moderne star, si vogliono sentire tali», dice Tiffany. «Quindi non sono tanto le personalizzazioni tecniche – come tasche speciali per gli strumenti – che richiedono, ma più pattern e stampe riconoscibili, che li facciano apparire mentre sono dietro al bancone, che è un palcoscenico».
Non importa se sia giacca bianca o un motivo floreale, l’importante è che ci sia una coerenza visiva nel team. «Vestire una divisa significa mostrare appartenenza, la propria identità e dare un senso di serenità e compostezza al cliente che viene a bere. Per questo il design non viene fatto solo da noi, ma a quattro mani con i clienti, che possono pensare, confrontarsi e scegliere cosa è meglio per loro».
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Immagini credits Julie Couder per Coqtail, location Moebius Milano, riproduzione vietata