L’invecchiamento in botte è uno dei passaggi più complessi nella realizzazione di uno spirito. Ci vogliono tempo, pazienza e soprattutto enorme competenza, perché il contatto con il legno influenza in maniera significativa ciò che troveremo all’interno di una bottiglia. Da qui la ricca e variegata scienza legata alle botti per invecchiamento gli spiriti. Senza pretesa di completezza, proviamo a stendere una sorta di bigino. Giusto per orientarsi.
Cosa succede quando un distillato invecchia in legno
In linea di massima, il dialogo fra botte e distillato produce due risultati. Il primo è che il liquido prende dal legno alcuni sapori e profumi: nella gran parte dei casi note di vaniglia e caramello, più o meno evidenti.
Il secondo effetto si produce perché le botti non sono a tenuta stagna: per quanto in minima parte, consentono all’ossigeno di penetrare al proprio interno e all’alcol di uscire. Ciò porta a una modifica molecolare del distillato, che conduce a un profilo organolettico più ricco.
Le dimensioni delle botti per invecchiamento
Stiamo però scalfendo solo la superficie. Le conseguenze appena elencate sono determinate anche dalla dimensione della botte. Più è piccola, più il contatto fra legno e liquido sarà maggiore e di conseguenza lo sarà anche l’azione sul distillato. Da qui la varietà delle capienze, che offre un ampio margine di lavoro. L’elenco è lunghetto (i litri indicati sono approssimativi):
- English Tun: 982 litri
- Gorda: 700 litri, utilizzato soprattutto per i whiskey statunitensi
- Madeira Drum: 650 litri. Come suggerisce il nome si usa per fare il Madeira, ma capita che venga utilizzato come finish per alcuni whisky
- Port Pipe: 650 litri, utilizzato per il Porto e per il finish dei whisky
- Puncheon: 500 litri. Ne esistono due famiglie, che si differenziano per la forma e il tipo di legno: il Machine Puncheon è di quercia americana (frequente nell’invecchiamento del rum e come finish per lo sherry), mentre lo Sherry Shape Puncheon è di quercia spagnola e compare nella produzione dello sherry (o come finish per il whisky)
- Sherry Butt: 478-500 litri, molto frequente nella produzione di whisky
- Barrique: anche in questo caso ne esistono due tipologie. Quello tipo cognac (300 litri, usati col vino, il cognac e come finish per i whisky), e quello tipo bordeaux (225 litri, utilizzato soprattutto nell’industria del vino)
- Hogshead: 225-250 litri, molto frequente nella produzione di whisky
- British Brewery Barrel: 164 litri, adottato soprattutto per le birre
- American Standard Barrel: 180-200 litri, è lo standard più comune perché ha un rapporto ottimale fra distillato e superficie legnosa con la quale viene a contatto. Spesso utilizzato per fare il bourbon e poi come botte per rum e whisky
- Kilderkin: 82 litri
- Quarter Cask: 50 litri, utilizzato per fare maturare velocemente un distillato, a causa dell’elevato rapporto fra liquido e superficie
- Firkin: 41 litri, frequente nella produzione di birra della tipologia Ale
- Blood Tub: 40 litri
- Pin: 20,5 litri, appartiene al mondo delle birre
- Minipin: 10,25 litri, anche in questo caso birre
- Barracoon (o Barrack): 4 litri
Botti nuove
Sappiamo che più a lungo dura l’affinamento, più evidente sarà la ricchezza organolettica di uno spirito. Ma bisogna considerare anche la “vita” delle botti per invecchiamento.
Qui vale l’esempio della bustina del tè: la prima volta che la inseriamo in acqua calda avrà un impatto più evidente della seconda, o della terza. Lo stesso vale per il legno. Per esempio, la legge statunitense dice che il bourbon deve necessariamente affinare in botti di primo passaggio (cioè nuove): si spiegano anche così le note fortemente vanigliate di questo spirito.
Secondo e terzo passaggio
Va da sé che le botti del bourbon non si gettano: sono vendute a distillatori che le utilizzano per affinare altro. Senza entrare nei dettagli, segnaliamo che i whisky scozzesi giocano spesso con il secondo passaggio, o anche il terzo e i successivi.
Ci sono prodotti invecchiati in botti che precedentemente hanno ospitato bourbon, sherry, porto, vermouth e persino birra. C’è stato pure un esperimento in botti ex gin (The Dunnage Bakehouse): una vera rarità, considerato che normalmente il gin non fa legno.
Il clima conta
Un distillato cambia dunque in maniera diversa in base alla dimensione e alla vita di una botte, ma lo fa anche a seconda del posto in cui avviene l’invecchiamento. Questo perché i climi più caldi determinano un affinamento più rapido rispetto a quelli più freddi.
Da qui il fatto che un whisky scozzese si considera maturo dopo una quindicina d’anni a contatto con il legno, mentre per il bourbon ne bastano 6-8, per un rum dei Caraibi ancora meno e un tequila può “accontentarsi” di una dozzina di mesi (dopo tre anni è già una extra añejo).
Il tipo di legno delle botti per invecchiamento
Nel corso del tempo sono state costruite botti con vari tipi di legno, ma lentamente si è capito quale fosse il migliore per l’affinamento degli spiriti. Il vincitore è la quercia. Delle oltre seicento specie se ne sono affermate quattro: la quercia bianca americana, quella europea, quella francese e quella giapponese. Ognuna con caratteristiche specifiche e dunque capace di influenzare un distillato in maniera differente.
In estrema sintesi:
- La quercia statunitense conferisce note di vaniglia e noce di cocco
- La quercia europea (che viene in gran parte dalla Spagna, ma anche dall’Inghilterra e dalla Russia), aggiunge allo spirito echi di frutta secca, datteri e chiodi di garofano
- La quercia francese è utilizzata soprattutto per i vini e il cognac, e lavora sulle note di lignina e tannino.
- La quercia giapponese aggiunge vaniglia, miele, frutta (in particolare pera e mela) e spezie (soprattutto chiodo di garofano e noce moscata).
La tostatura delle botti per invecchiamento
La costruzione di una botte non è terminata senza che una fiamma viva ne tosti l’interno: ne emergono note caramellate. Il tipo di tostatura determina un maggiore o minore impatto sul distillato e lo sviluppo di ulteriori aromi oltre a quelli di caramello.
Esistono quattro tipi differenti di tostatura: la leggera tende a sviluppare sentori fruttati e floreali, la media quelli secondari (frutti, fiori e vegetali), la media porta in primo piano le spezie e la tostatura, mentre quella forte fa emergere caffè, cioccolata e cuoio.
E il colore?
Prima di terminare, una postilla. Il legno passa al distillato anche del colore, una caratteristica che è da prendere con le pinze quando valutiamo la storia della bottiglia che abbiamo in mano.
Questo perché la tonalità varia a seconda del tipo di legno, della dimensione della botte e della sua età. A parità di spirito e di invecchiamento, una botte piccola e di primo passaggio colora in maniera più intensa rispetto a una grande e di secondo passaggio.
Bisogna però tenere conto che il colore può essere modificato dopo l’affinamento: diventando più scuro grazie all’aggiunta di caramello, oppure tornando trasparente con la chiarificazione ai carboni attivi.