Oltre a visitare i souk, i resti di Cartagine e la Grande moschea di Qayrawan, chi visita la Tunisia può degustare il boukha, cioè l’acquavite tradizionale di questo Stato.
Cos’è il Boukha
Il boukha è un distillato di fichi provenienti da coltivazioni tunisine oppure turche. Viene lavorato in loco sin dalla seconda metà del XIX secolo grazie alla famiglia russo-ebraica Bokobsa. Proprio l’origine russa ha probabilmente motivato il nome boukha. Leggenda vuole che Yaakov Bokobsa, appena trasferitosi in Tunisia, abbia iniziato a distillare fichi chiamando il suo spirito vodka. In alfabeto cirillico si scrive водка.
Molto velocemente, coloro che non parlavano russo (praticamente tutti, al di fuori della famiglia Bokobsa) iniziarono a pronunciare la parola così come la leggevano. Da qui il nome boukha. In ogni caso, l’azienda della famiglia Bokobsa diventò un punto di riferimento per i distillati di Tunisia e contribuì in maniera significativa alla fama internazionale del boukha.
Come si produce
Per produrre il boukha servono fichi ben maturi e di provenienza certificata. I frutti vengono aperti e fatti fermentare, se serve grazie all’aggiunta di lieviti selezionati. Segue una doppia distillazione in alambicco discontinuo e poi una diluizione con acqua purissima, così da raggiungere una gradazione alcolica compresa fra 36 e 40 percento. L’imbottigliamento avviene subito dopo, senza prevedere affinamento in botti.
Come si beve il Boukha
Secondo quanto affermato a suo tempo dai Bokobsa, il boukha «è una delle rare acquaviti che possono essere degustate sia prima che dopo i pasti». Prima si consiglia di berlo ghiacciato oppure fresco. Non è chiarissimo se la temperatura fredda possa essere raggiunta grazie a cubetti di ghiaccio, ma è ragionevole pensare che sia meglio utilizzare un frigorifero, così da evitare annacquamenti.
Degustarlo liscio significa rendere omaggio alla tradizione. È però vero che il profilo organolettico, molto influenzato dalla presenza dei fichi, ne fa un interessante ingrediente per i cocktail.