Nella classifica dei cocktail spettacolari il Café Brûlot (caffè incendiato) occupa la prima posizione. Un tempo la preparazione scenografica serviva a distrarre gli astanti e derubarli: oggi serve per rendere loro omaggio. Ma la ricetta è sostanzialmente invariata e non è cosa da principianti. Si maneggia il fuoco e c’è il rischio molto concreto di bruciare sopracciglia, mani e suppellettili varie.
Cos’è il Café Brûlot
Il Café Brûlot è un drink da dessert ed è tradizionalmente servito al ristorante, come atto finale di una cena. È anche un orgoglio della città di New Orleans, dov’è nato e dove ancora oggi rappresenta un’attrazione irresistibile.
In poche parole, si tratta di un cocktail a base di caffè, cognac, scorza d’arancia, chiodi di garofano e zucchero. È dolce, perché appunto si posiziona in zona dessert, ma non dev’essere eccessivamente zuccheroso. Come per ogni drink che si rispetti, la parola d’ordine è bilanciamento.
La storia del Café Brûlot
Leggenda vuole che il Café Brûlot sia stato inventato da Jean Lafitte, pirata e corsaro francese nato attorno al 1780 (la data precisa non è nota).
Non è chiaro se Jean fosse originario della cittadina francese di Biarritz, affacciata sull’Oceano Atlantico, oppure se la mamma l’abbia partorito a Santo Domingo, che all’epoca era una colonia francese. Di certo nel 1805 lo troviamo a New Orleans, impegnato a gestire un magazzino dove smerciare i beni contrabbandati dal fratello Pierre.
Da abile truffatore qual era, a un certo punto Jean si inventa un modo per ingrossare gli introiti della società: scendere per strada ed esibirsi nella spettacolare preparazione di un cocktail, maneggiando la fiamma viva con un’abilità sorprendente. Un vero e proprio show. E mentre i passanti si fermavano ad ammirarlo estasiati, i complici di Lafitte avevano modo di ripulire loro le tasche.
Dal pirata al ristorante alla cocktail renaissance
Salto in avanti nel tempo fino ai tardi anni Ottanta del XIX secolo. Jean Lafitte è ormai morto, ma il Café Brûlot ha fatto presa nell’immaginario di New Orleans. Così Jules Alciatore, figlio di Antoine Alciatore, decide di inserirlo nel menù del ristorante fondato dal padre all’interno del Quartiere Francese (si chiama Antoine’s ed esiste ancora oggi). Rapidamente altri ristoranti del luogo adottano la ricetta: ognuno con le proprie variazioni sul tema, negli ingredienti come nella preparazione.
Per un sacco di tempo il Café Brûlot non esce dai confini di New Orleans, poi arriva il 1996 e Dale DeGroff decide di portarlo sotto i riflettori della cocktail renaissance propiziandone la diffusione internazionale. E in questo modo creando un problema non facile da risolvere.
Non è un drink per tutti
Il fatto è che per preparare il Café Brûlot occorre un oggetto molto particolare: una ciotola per punch in rame argentato attaccata a una base in ottone. Adatta, quest’ultima, a contenere l’alcol da incendiare. Serve anche un mestolo: se questo oggetto è facilmente reperibile, la ciotola rappresenta invece una sfida. Nella stessa New Orleans, a fine anni Novanta, erano rimasti pochi esemplari. E la produzione si era sostanzialmente interrotta 10-15 anni prima, a causa della scarsa domanda.
Dale DeGroff intuisce un’opportunità commerciale e ne fa realizzare una da lui approvata. L’ultima volta che abbiamo guardato costava 825 euro, non esattamente spiccioli. E se il prezzo può incoraggiare la ricerca di alternative, attenzione a non sottovalutare che il Café Brûlot si prepara con la fiamma viva.
L’invito alla massima cautela compare anche in Famous New Orleans Cocktails and How to Mix ‘Em (Stanley Clisby Arthur, 1937): “Non usare la fruttiera d’argento di tua moglie”, avverte Arthur, “nonostante possa assomigliare a una ciotola Brûlot per aspetto e forma”. Segue l’aneddoto di un signore che ha tentato l’azzardo distruggendo “il regalo di nozze della ricca e vecchia zia Hattie”, e causando un poco decoroso parapiglia.
La ricetta del Café Brûlot
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Come detto in precedenza, ogni ristorante di New Orleans ha la propria ricetta e ne custodisce gelosamente i segreti. Qui di seguito riportiamo quella messa nero su bianco da Stanley Clisby Arthur nel suo Famous New Orleans Cocktails and How to Mix ‘Em. Le dosi sono per una ventina di persone. In riferimento al caffè, Arthur si raccomanda di non utilizzarne uno qualunque, bensì di scegliere un caffè americano forte di New Orleans.
Ingredienti
- 240 ml cognac
- 45 zollette di zucchero
- 50 chiodi di garofano
- 3 pezzi di cannella in stecca (spezzettati)
- ½ scorza d’arancia tagliata sottile
- 1 pezzettino di scorza di limone tagliata sottile
- 1 litro di caffè
Procedimento
Bisogna lavorare d’anticipo. Per prima cosa mettere tutti gli ingredienti, a eccezione del caffè, nella ciotola Brûlot: lasciarli riposare per almeno sei ore in modo che il cognac si insaporisca.
Al momento del servizio occorre preparare il caffè e assicurarsi che sia bollente. Quindi si accende il fuoco sotto la ciotola e si spengono “tutte le luci della sala per mettere al centro della scena le fiamme” (parola di Arthur). Quando il cognac inizia a scaldarsi agevolarne l’accensione, avvicinando il mestolo semi piano alla fiamma viva. Poi mescolare sollevando il mestolo in alto, così da tracciare nell’aria un nastro infuocato.
Prima che la fiamma riduca eccessivamente la gradazione alcolica, versare il caffè “lentamente e amorevolmente”. Quindi servire in tazza o tazzina.
Garnish
Nessuna.
La versione di Dale DeGroff
Visto che abbiamo parlato di Dale DeGroff, vale la pena di sottolineare che il suo Café Brûlot è diverso da quello di Stanley Clisby Arthur. Intanto perché al cognac aggiunge altrettanto rum e la metà di acquavite di ciliegie. Poi niente zollette di zucchero: al loro posto sciroppo di zucchero, che però entra in scena solo alla fine.
Inoltre, DeGroff utilizza la scorza intera di un’arancia: la taglia senza romperla, in modo da ottenere un’unica lunga spirale dove inserisce i chiodi di garofano. Al momento della preparazione utilizza una forchetta a manico lungo per tenere la spirale al di sopra della ciotola. Abbastanza in alto perché la spirale si distenda, ma non troppo da impedire che un lato resti immerso nella mistura.
L’altra mano regge il mestolo. Con questo raccoglie il cognac e lo fa scendere lentamente lungo la spirale di scorza. Questo fa sì che i chiodi di garofano inizino a scoppiettare, sprigionando la loro essenza. DeGroff ripete l’operazione alcune volte, poi aggiunge il caffè e in questo modo estingue le fiamme. Infine aggiunge lo sciroppo di zucchero (scaldato) e serve.
Foto credits Julie Couder per Coqtail, location Moebius Milano, riproduzione vietata