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Chancellor, il cocktail a base di scotch e porto

Ci sono cocktail famosissimi, altri che sono noti ma non celebri, e poi ci sono i drink che conoscono in poche persone. Il Chancellor appartiene a quest’ultima categoria anche se merita l’assaggio.

La storia del Chancellor cocktail

La scarsa fama va a braccetto con una storia decisamente oscura. Di fatto, le principali fonti relative alla storia della mixology non rivelano quando è stato inventato e da chi. Nemmeno dove, anche se in questo caso valgono le osservazioni fatte da David Wondrich, cioè uno dei maggiori esperti in questo campo.

La sua posizione è che molto probabilmente il Chancellor cocktail sia nato in Gran Bretagna, oppure in una delle terre del vecchio impero. Forse il nome è un omaggio a una particolare figura delle istituzioni universitarie britanniche: quella appunto del chancellor, una sorta di rettore con funzioni di rappresentanza più che operative (queste ultime affidate al vice chancellor). Lo stesso Wondrich ammette però che le sue sono mere ipotesi e che a oggi non è possibile dare loro forza con una qualche evidenza.

La prima apparizione

La versione di Wondrich è però sostenuta da un fatto: la prima menzione del Chancellor viene fatta in Café Royal Cocktail Book, pubblicato nel 1937 e scritto da William James Tarling (Billy per gli amici). Grazie a questo libro possiamo avere un’idea del periodo storico in cui è nato il Chancellor. E il fatto che compaia nel ricettario del Café Royal di Londra corrobora l’ipotesi di un’origine inglese.

Per nostra sfortuna, il drink è contenuto in una sorta di postilla finale nella quale “ragioni di spazio impediscono di fornire le ricette”. Niente indicazioni su ingredienti e proporzioni, insomma. Per averle dobbiamo attendere il 1977 e il Jones’ Complete Barguide firmato da Stanley M. Jones. Grazie a esso scopriamo che il Chancellor è un twist del classico Rob Roy, dove la variazione è l’aggiunta di porto.

La ricetta del Chancellor cocktail

Le ricette che si trovano in giro tendono a non specificare il tipo di porto da utilizzare: segnaliamo però che è piuttosto gettonato il ruby, cioè quello rosso che invecchia in botti grandi. Inoltre, alcune fonti segnalano che il ricorso al vermouth secco tende a produrre un profilo organolettico molto secco, nonostante le note dolci del porto. Chi desiderasse una bevuta più morbida può suddividere la quantità richiesta in due: metà vermouth dolce e metà secco, con una somma finale comunque di 12,5 millilitri.

Ingredienti

  • 50 ml whisky scozzese (blended)
  • 25 ml porto
  • 12,5 mil vermouth secco
  • 2 dash Angostura

Procedimento

Inserire tutti gli ingredienti in un mixing glass colmo di ghiaccio e mescolare, in modo da amalgamare bene il tutto e raffreddare la miscela. Poi filtrare in un bicchiere appena tolto dal frigorifero.

Garnish

La guarnizione non è necessaria. Se la si desidera va bene una scorza di limone.