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Cocktail a base vino, i più famosi al mondo

Gli ingredienti alcolici dei drink sono quasi sempre degli spiriti, ma esistono cocktail a base di vino. Alcuni godono di una discreta fama e compaiono (o sono comparsi) nel ricettario ufficiale IBA.

Cocktail a base vino

Se adottiamo la più larga definizione possibile (ci torneremo fra poche righe), allora possiamo dire che i drink a base vino esistono sin dai primi anni della mixology. Il Black Velvet e il Prince of Wales stanno lì a dimostrarlo.

Qualche tempo dopo, all’inizio del XX secolo, il Futurismo incoraggiò l’utilizzo del vino nelle polibibite (la parola futurista per cocktail). Ciononostante, questa materia prima restò in secondo piano, rispetto ad altre: mai del tutto dimenticata, mai portata davvero sotto i riflettori. Ancora oggi una drink list che punta sul vino rappresenta un’eccezione che merita di essere sottolineata: è il caso del Classique di Parigi.

Wine cocktail vs cocktail with wine

Dicevamo della definizione di cocktail a base di vino. Nel mondo anglosassone si tende a distinguere fra wine cocktail e cocktail with wine, dove la discriminante è rappresentata dalla quantità di vino presente nella ricetta. Dunque, un wine cocktail è quello in cui il vino è l’alcolico principale in termini di millilitri utilizzati, mentre un cocktail with wine lo vede come complemento rispetto a uno spirito dominante.

I più famosi cocktail a base vino

Mal contati esistono una ventina di cocktail a base di vino. Quelli più meritevoli d’attenzione sono stati inclusi nella lista ufficiale IBA. Eccoli, in rigoroso ordine alfabetico.

Bellini

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L’invenzione è tutta italiana. Avviene grazie a Giuseppe Cipriani, fondatore dell’Harry’s Bar di Venezia. La data non è chiarissima: a seconda delle fonti si va dal 1934 al 1948. Sappiamo invece il perché del nome: il colore del drink ricordava a Cipriani quello di una veste presente in un quadro di Giovanni Bellini. Secondo le indicazioni dell’IBA, per prepararlo servono 100 ml di Prosecco e 50 ml di polpa di pesca da versare lentamente in un flûte e mescolare con delicatezza. Esistono tre varianti accreditate: il Puccini (con succo di mandarino), il Rossini (con purea di fragole) e il Tintoretto (con succo di melograno).

French 75

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Probabilmente inventato nel corso della prima guerra mondiale, il French 75 compare su carta nel 1922, grazie a Harry’s ABC of Mixing Cocktails di Harry MacElhone. Nello stesso anno il ricettario di Robert Vermeire (Cocktails: How to Mix Them) ne attribuisce la paternità allo stesso MacElhone. La ricetta di allora è però diversa da quella ufficializzata dall’IBA, che prevede di shakerare 30 millilitri di gin, 15 millilitri di succo di limone e 15 millilitri di sciroppo di zucchero. Poi filtrare in flûte e aggiungere 60 millilitri di champagne mescolando delicatamente (guarnizione: nessuna).

Kir e Kir Royal

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Inventato probabilmente negli anni Quaranta del XIX secolo, il Kir è diventato popolare grazie al francese Félix Kir (1876-1968), del quale ha assunto il nome. In veste di sindaco di Digione e Borgogna, Félix è stato un pioniere del movimento di gemellaggio e offriva prodotti locali alle delegazioni in visita: fra di loro anche un cocktail a base di crème de cassis. Appunto il Kir, che si prepara con 90 millilitri di vino bianco e 10 millilitri di crème de cassis, versati direttamente in un bicchiere. La sostituzione del vino con lo champagne prende il nome di Kir Royale.

Mimosa

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Nel corso degli anni l’IBA ha ufficializzato la ricetta del Mimosa in tre occasioni, ogni volta con una proporzione diversa fra gli ingredienti. La versione più recente risale al 2011 e richiede di mescolare direttamente in un flûte 75 millilitri di champagne e 75 millilitri di succo d’arancia (guarnizione opzionale: una fettina d’arancia). Il Mimosa è anche conosciuto come Buck’s Fizz: dal nome del locale londinese, il Buck’s Club, nel quale pare sia stato inventato nel 1921, dal barman Malachi McGarry.

New York Sour

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American drink nato a Chicago, si dice che lo abbia inventato la stessa persona che ha firmato anche il Manhattan. Il suo colore è dato dalla presenza di bourbon e vino rosso, che creano un’affascinante stratificazione nel bicchiere. La texture cremosa è invece legata all’impiego dell’albume, che viene miscelato a 60 ml rye whiskey o bourbon, 30 ml succo di limone, 22,5 ml sciroppo di zucchero e 15 ml vino rosso (a scelta tra Syrah o Malbech).

Spritz

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Il seme originario dello Spritz risale al XIX secolo, quando l’attuale Veneto era sotto il dominio degli Asburgo. In quel momento il drink era composto da vino bianco spruzzato d’acqua. Negli anni Venti del XX secolo il vino inizia a essere mescolato con dei bitter: bitter a Padova, liquore aperitivo a Venezia. Infine, nei Settanta avviene l’ultimo cambiamento, quello ufficializzato dall’IBA: la sostituzione del vino con il prosecco. Ecco, dunque la ricetta: prendere 90 millilitri di prosecco, 60 di bitter e uno splash di acqua frizzante o acqua di Seltz. Inserire gli ingredienti in un bicchiere da vino pieno di ghiaccio a cubetti e mescolare gentilmente, guarnendo con una fettina d’arancia. Versioni alternative prevedono altri bitter, liquori aperitivi o amari.

I drink che l’IBA non certifica

A mo’ di suggestione, ecco alcuni cocktail a base vino che vivono di vita propria rispetto all’International Bartenders Association.

Borgoña

È un drink tradizionale cileno che si prepara con vino rosso, fragole spezzettate e zucchero (è concesso un po’ di ghiaccio a cubetti). Gli storici ne fanno risalire l’origine alle antiche usanze del popolo mapuche, che faceva fermentare le fragole locali e otteneva in questo modo una bevanda alcolica. Nel corso del XVII secolo, quando i conquistatori introdussero in Cile la coltivazione della vite, la tradizione si fuse con il vino e così si arrivò all’odierno Borgoña.

Calimocho

È originario di quell’area della Spagna che è abitata dal popolo basco. È conosciuto anche con il nome Rioja Libre, o con lo scherzoso appellativo di “Cuba Libre dei poveri”. Sono sufficienti due ingredienti, da utilizzare in parti uguali: vino rosso e cola (talvolta sostituita dall’aranciata o da un altro tipo di bevanda gassata e analcolica). Pare che esista dall’inizio del XX secolo, ma a riguardo non ci sono certezze: anche perché l’origine povera è stata accompagnata dall’assenza di fonti scritte degne di autorevolezza.

Bicicletta

Anche in questo caso la storia è parecchio fumosa. Leggenda vuole che il Bicicletta sia nato negli anni Venti del secolo scorso, in Italia settentrionale. Pare che il nome derivi dal fatto che gli uomini, tornando a casa dopo avere bevuto parecchi bicchieri, non fossero in grado di guidare la bicicletta e fossero costretti a portarla a mano (o a sbandare vistosamente, spesso cadendo). Gli ingredienti sono 90 millilitri di vino bianco, preferibilmente Pinot Grigio o Sauvignon Blanc, e 60 millilitri di bitter: bisogna inserirli in un bicchiere colmo di ghiaccio a cubetti e mescolare per favorire l’amalgama. Completare aggiungendo un poco di acqua frizzante e una fettina d’arancia.