Come miscelare lo shochu? Il distillato giapponese, che sta conquistando i palati occidentali, in mixology offre un terreno fertile alla sperimentazione. Portando con sé secoli di tradizione nipponica, si presta anche alle interpretazioni più moderne e creative. Alessia Bellafante, bar manager di Gesto Milano, risponde alla domanda e guida in un percorso sensoriale attraverso tre shochu, ognuno con la propria personalità distintiva.
Come miscelare lo shochu e perché farlo
Dalle patate dolci di Kyushu al riso delle pianure di Kumamoto, passando per l’orzo delle colline di Oita, ogni shochu racconta una storia unica, un pezzo di Giappone catturato in un bicchiere che, se miscelato, rivela tutto il suo potenziale.
Lo shochu, infatti, è un ponte tra culture, un’espressione liquida dell’artigianato giapponese che trova nuova vita nelle mani di un bartender. Da Tokyo a New York, da Londra a Milano emerge dalle ombre dei più noti sake e whisky giapponesi, rivelando una versatilità che sfida l’immaginazione dei mixologist più audaci e i drink lover più esigenti.
Ma cosa rende lo shochu così speciale in miscelazione? «Il suo spirito complesso deriva dalla materia prima che lo compone. Come fosse il suo dna, questa fornisce tutte le informazioni di base del distillato che, miscelato ad altri ingredienti, crea cocktail rispettosi della tradizione seppur sorprendentemente contemporanei», sottolinea Alessia Bellafante dal bancone di Gesto Milano. Il tutto selezionando tre shochu di carattere distribuiti in Italia da Beregiapponese.
Vermouth e salsa di soia
Alla ricerca di un’audace combinazione tra gusto ed equilibrio Bellafante propone di sperimentare gocce di shochu unite alla salsa di soia e al vermouth. «Il Kiroku, shochu di patate dolci della distilleria Kuroki Honten, si distingue proprio per la sua finezza. Con un grado alcolico di 25%, è prodotto esclusivamente da patate dolci della varietà Koganesengan coltivate a Miyazaki. Delicato ed elegante possiede una nota floreale sul finale che viene fuori grazie alla parte iodata presente nel distillato».
Per evidenziare queste caratteristiche, Bellafante propone un twist sul classico Martini. «Ho creato un cocktail con 40 ml di Kiroku, 30 ml di sake e 10 ml di vermouth extra dry, con tre gocce di salsa di soia. È uno stir classico, guarnito con tre drop di olio all’alga nori». Questa combinazione crea un drink sofisticato che rispetta e amplifica le note delicate del Kiroku.
«La salsa di soia esalta quella sua particolare nota iodata, mentre il vermouth ne enfatizza le note floreali», aggiunge la bar manager. Se preferite un approccio più semplice, Bellafante suggerisce: «Lo shochu si abbina molto bene anche con una soda, magari aromatizzata ai fiori di sambuco. Così diventa un perfetto aperitivo, con l’aggiunta di una scorza di limone che ne accresce i profumi».
Come miscelare lo shochu con acqua di pomodoro e mezcal
Appassionati di Bloody Mary questo è un drink che fa per voi. Per un cocktail fuori dal coro la vodka viene sostituita con Yanagita Ryù, lo shochu di orzo invecchiato in legno mizunara, con un grado alcolico di 41%.
Questo distillato, prodotto dall’azienda agricola e distilleria Yanagita, si distingue per il suo carattere deciso e le sue note complesse. «Al primo sorso, ricorda tantissimo uno scotch con la sua caratteristica parte maltata, molto simile a un whisky. Al secondo assaggio si arriva la nota finale rievocando il gusto del fungo shiitake».
Così ispirata da queste caratteristiche, la bar manager di Gesto Milano ha creato il suo twist sul Bloody Mary: «Con questo cocktail ho voluto unire più culture, la giapponese e la messicana. Con 30 ml di Yanagita Ryù, 10 ml di mezcal infuso con funghi shiitake, e 120 ml di cordiale di pomodoro e yuzukosho (salsa orientale preparata con peperoncino e yuzu) sono andata a sottolineare le peculiarità di ogni ingrediente evidenziando con equilibrio il sapore dello shochu. Il bordo del bicchiere, poi, l’ho rifinito con un rim di spezie Tex-Mex in polvere».
Yuzu, tè matcha e shochu
Tra le materie prime dello shochu c’è il riso. Come nel Tokugin Rokuchoshi invecchiato 11 anni, che si presenta con un grado alcolico del 35%. Prodotto dalla distilleria Rokuchoshi, questo shochu si distingue per le sue fragranze armoniche e il gusto morbido. «Già dal primo assaggio al palato sono arrivati chiari e nitidi i sentori di frutta a polpa gialla, quella quasi matura che ricorda l’estate».
Per esaltare queste note, la mixologist ha creato un cocktail tropicale con «40 ml di Tokugin Rokuchoshi, 20 ml di crema di cocco, 30 ml di acqua di cocco, 15 ml di succo di yuzu e un cucchiaino di tè matcha. Questo mix ha esaltato le note dolci e fruttate dello shochu, bilanciandole con l’acidità dello yuzu e la nota erbacea del tè matcha». Se volete assaggiare qualcosa di facile comprensione per il palato Bellafante suggerisce: «Una soda all’ananas, o semplicemente dell’acqua naturale sono l’ideale per degustare facilmente lo shochu. Il kick in più? Una garnish di frutta fresca».
Perché, che si tratti di un twist su un classico o di una creazione completamente nuova, lo shochu offre un’ampia possibilità di possibilità per i bartender creativi. «Lo shochu è un distillato affascinante. Ognuna delle sue varietà ha un carattere unico che invita alla sperimentazione. È un prodotto che merita di essere sempre più conosciuto e apprezzato in miscelazione». A partire da quella di Gesto Milano.
Immagini credits Coqtail e Julie Couder per Beregiapponese, riproduzione vietata
Articolo realizzato in collaborazione con Beregiapponese