C’è chi dice che se si vuole capire davvero qualcosa dell’Italia, si deve osservare come bere un Negroni. Ma a leggere bene, non è solo un modo dire perché il cocktail del Conte è la vera essenza del Belpaese: elegante, amato da tutti, e un nome che viaggia per il mondo senza barriere linguistiche grazie a elementi eccezionali che lo compongono. Tre e in parti uguali: gin, vermouth e bitter Campari.
Insomma, se come si sostiene su Drinks International è il cocktail più bevuto al mondo, un motivo ci sarà. Parola di Alessandro D’Alessio, primo classificato alla Campari Bartender Competition X Edition e head bartender al Rita’s Tiki Room di Milano che consiglia come farlo da 10 e lode.
Occhio al bilanciamento
Diciamolo, il bilanciamento è l’anima del Negroni. «Che più che un cocktail, è il simbolo dell’Aperitivo italiano nel mondo», spiega D’Alessio. La ricetta tradizionale, codificata dall’Iba, prevede parti uguali: 30 ml di gin, 30 ml di vermouth rosso, 30 ml di Campari.
«Per non sbagliare mai queste sono le dosi corrette. Guardando agli ingredienti, il bitter tradizionalmente utilizzato è Campari perché ha una componente aromatica dominata dagli agrumi, in particolare l’arancia, che bilancia acidità e dolcezza degli altri due elementi. Una caratteristica che si percepisce immediatamente all’assaggio e che consente di equilibrare la parte vinosa e dolce del vermouth e di spaziare nella scelta del gin. Riguardo a quest’ultimo, si può optare per il distillato di ginepro che si preferisce, al fine di completare il profilo aromatico del cocktail con la spalla alcolica desiderata. Secondo me, il più indicato è sempre un London Dry, ma si può variare tra i tanti gin in commercio per donare al Negroni note speziate, mediterranee, floreali, o altre. Tutto dipende dal gusto finale che si vuole ottenere».
E se si volesse “modificare” la ricetta? «Io l’ho fatto nel mio Maramao, un twist sul Negroni eseguito con una tecnica che deriva dai cantineros cubani, poi tramandata anche da Donn Beach dalla nascita della miscelazione tiki ad oggi. Ovvero un Negroni frullato che riesce ad aprire diversamente il bouquet aromatico degli ingredienti».
Attenzione alla preparazione del Negroni
Quando si parla di preparazione del Negroni, subito si pensa al metodo build over ice, ovvero la costruzione diretta del drink nel bicchiere ghiacciato, anche se tanti sono i sostenitori del mixing glass. Su questo punto D’Alessio è sorprendentemente franco: «È un’elucubrazione mentale da bartender. Per me, a livello tecnico cambia poco o nulla».
Secondo il primo arrivato alla Campari Bartender Competition 2024 la scelta dipende più dal contesto: «Penso che servendo il cocktail con un cubone andremmo semplicemente a controllare meglio la diluzione secondaria, ovvero quella che avviene durante la bevuta. La scelta di realizzare il drink direttamente sui cubetti o costruirlo nel mixing glass, e poi servirlo con un chunk, è una scelta dettata dal locale in cui si lavora e dalle sue condizioni di preparazione. Al Rita’s Tiki Room lo facciamo over ice, ma siamo pronti a soddisfare ogni richiesta. Se il cliente ha la necessità di bere il suo drink in altro modo, siamo disponibili a cambiare il nostro service con un piccolo costo aggiuntivo. Perché, comprendo, anche l’occhio vuole la sua parte».
Nessun orario da rispettare
Tradizionalmente servito come aperitivo, il Negroni ha superato ogni limitazione temporale, rendendosi apprezzabile in qualsiasi momento della giornata. «Sulla questione ‘momento ideale’ si deve sfatare un mito. Non esistono più regole rigide tra aperitivo e after dinner. E la scelta del Negroni, quale cocktail più bevuto al mondo, lo sottolinea ampiamente», prosegue D’Alessio.
Pur rimanendo un classico pre-cena, il cocktail del Conte ha ormai trasceso le convenzioni tradizionali. «È diventato così famoso che limitarlo a un momento specifico della giornata sarebbe riduttivo. Si può bere quando si vuole. Senza esagerare, ma quando si ha voglia».
Immagini Courtesy Campari Academy
Articolo realizzato in collaborazione con Campari Group