Tra Manila e Bacolod, sull’isola di Negros, un itinerario che racconta la storia del rum filippino che ha conquistato i banconi di tutto il mondo.
L’arrivo nella capitale
Il primo impatto con le Filippine è magico. Si atterra a Manila, città nella città, parte di una megalopoli composta da 17 agglomerati urbani, dove dal centro economico composto da grattacieli e locali alla moda, si diramano quartieri più disagiati, in cui la densità cresce e le disponibilità economiche scendono in maniera esponenziale. Se c’è qualcosa che è insito nella cultura, a ogni livello di estrazione sociale, è la gentilezza: fin dal primo momento emerge dialogando con la popolazione locale, che non lesina sorrisi e parole di conforto neanche a uno sconosciuto.
Nonostante l’evidente lontananza dall’Europa, secoli di dominazione spagnola e anni di protettorato americano hanno reso le Filippine più occidentali di quanto ci si aspetti e oggi, Manila, si rivela un fondamentale centro economico asiatico. Nonostante la forte proiezione nel mondo contemporaneo, nelle Filippine sono ancora presenti tradizioni ancestrali, mentre la gastronomia è ricca di contaminazioni.
I migliori locali di Manila
Visitando locali come Lámpara, bistrot neo-filippino, le ricette tipiche vengono adattate ai palati internazionali e, su un lungo tavolo dedicato allo sharing, si servono piatti come il Kare Kare, stufato con verdure accompagnato da riso bianco, da abbinare a diversi signature cocktail come Gasera, a base di Don Papa, pompelmo e assenzio, brindando con “Tagay!”.
Per proseguire con i calici in alto, sono diversi gli indirizzi da segnare in agenda. Come The Spirits Library, locale che si sviluppa su due piani, dove la bottigliera è una libreria a tutta altezza con tanto di scale, sulle quali i bartender si arrampicano per raggiungere le bottiglie più pregiate. Oppure Oto, con le pareti a righe nere e gialle, dove sedersi al lungo bancone e ballare al ritmo dei dj set live.
Chi cerca atmosfere sofisticate, potrà addentrarsi in un passaggio segreto nella libreria dell’Admiral Hotel di Manila e scendere al Ruby Wong’s Godown, speakeasy dedicato al mondo della Cina, con paraventi retroilluminati e dettagli rossi. Nei migliori locali della città, oltre a trovare gli spirits internazionali, è possibile degustare prodotti che nascono tra le isole dell’arcipelago. Per seguire le tracce del rum delle Filippine che ha conquistato tutto il mondo, distribuito in Italia da Rinaldi 1957, il viaggio prosegue nell’isola di Negros a sud di Manila.
Sugarlandia, sulle tracce del primo rum delle Filippine
Appena atterrati a Bacolod, distese di campi di canna da zucchero ricordano a chi percorre le sue strade per la prima volta perché l’isola di Negros è conosciuta con il nome di Sugarlandia. Un appellativo dovuto all’economia locale, legata alle coltivazioni di canna da zucchero e alla produzione di muscovado (la metà di tutto quello prodotto nell’arcipelago delle Filippine proviene da qui), ma soprattutto della melassa ricca di residui zuccherini.
Da questo nettare scuro, infatti, si produce il primo rum delle Filippine, oggi esportato in tutto il mondo e da qualche mese acquisito da uno dei primi gruppi al mondo per la distribuzione di bevande alcoliche, con un investimento iniziale di 260 milioni di euro e un piano di sviluppo che prevede un ulteriore round di 177,5 milioni di euro per i prossimi cinque anni. Una cifra record per un prodotto nato solamente pochi anni fa dall’intuizione di Stephen Carroll.
Santa Rosalia, l’inizio della visione imprenditoriale
Prima tappa del viaggio a Sugarlandia è infatti la dimora coloniale di Santa Rosalia, dove il fondatore di Bleedin-Heart Rum Company restò affascinato dalla flora e dalla fauna locale, ma soprattutto dalle rigogliose piantagioni di canna da zucchero che si estendono tutto attorno al monte Kanlaon, grazie al fertile terreno vulcanico. Con questa abbondanza di materia prima, Carroll non poté fare a meno di chiedersi come mai nessuno avesse mai pensato a produrre del rum.
Così, seduto al tavolo di una delle verande della villa degli anni Trenta insieme a José Maria Gaston, quinta generazione di proprietari terrieri dell’isola di Negros, nacque l’idea di Don Papa. Abitata ancora oggi dalla famiglia Gaston, la casa in stile coloniale ospita un grande albero genealogico al piano terra, mentre salendo le scale si trovano gli ambienti dove si svolgono le attività principali, come un’affascinante sala con tavolo imperiale per pranzi e ricevimenti, circondata dalle stanze da letto, tutte con ampie finestre affacciate sul verde della tenuta.
Con questa vista paradisiaca, Carroll decise di prendersi una pausa dal lavoro e ben presto, nel 2012, dette vita a Don Papa, primo rum delle Filippine.
La dedica del rum delle Filippine a Papa Isio
Viaggiando per l’isola, in piazze e bivi stradali circondati da piccole capanne dove si vende street food, è facile incontrare statue e rappresentazioni di Papa Isio. Personaggio leggendario di Negros, Dionisio Magbueles è un vero e proprio eroe locale, protagonista della rivoluzione filippina di fine 1800 con la quale le truppe spagnole vennero cacciate dall’isola.
A lui Carroll ha voluto dedicare l’etichetta di Don Papa Rum, realizzata da Stranger & Stranger, celebre studio londinese, che ne ha illustrato il volto con un geco poggiato sulla testa e una moltitudine di animali che si nascondono tra i dettagli della sua camicia.
La produzione di rum filippino a Negros
Una volta definiti i dettagli dell’immagine di Don Papa, Carroll ha perfezionato la filiera di produzione. Le piante di canna da zucchero prodotte a Negros dopo la raccolta vengono portate direttamente all’Hawaiian-Philippine Company. Si tratta del più grande zuccherificio dell’isola dove, la bassa efficienza dei macchinari, rende possibile la produzione di melassa dalla carica zuccherina molto alta, perfetta quindi per la produzione di rum.
Camminando tra le sue strutture si possono osservare dei grandi forni dove viene prodotto il vapore, mentre una passerella sopraelevata permette di camminare sopra alle presse in cui la canna da zucchero viene separata dal succo. Al di là di grandi varchi si trovano i depositi di zucchero, con sacchi di muscovado che compongono torri alte decine di metri.
Distilleria Bago, dove nasce il rum delle Filippine
L’ultima tappa del viaggio della melassa è la Distilleria Bago, nella località di Taloc, poco più a sud di Bacolod, con accesso diretto al mare. Qui il nettare dorato fermenta con lieviti autoctoni per diversi mesi formando una sorta di “birra” che viene filtrata e poi portata direttamente all’interno delle colonne di distillazione.
Si ottiene così il distillato di canna da zucchero filippino, che riposa in botti di quercia americana per un minimo di sette anni con una percentuale di angel share di circa l’8%, assumendo la sua caratteristica colorazione ambrata. Dalla distilleria escono i due prodotti di punta di Don Papa: la versione 7 anni da 40° e la 10 anni a 43°.
La conservazione del patrimonio delle Filippine
Fin dalla sua costituzione, il brand di Carroll ha sostenuto progetti a tutela della biodiversità dell’Isola di Negros. Dirigendosi in direzione sud, a Punta Bulata, è possibile giungere in pochi minuti di barca sull’isola di Danjugan. E surprise, si apre davanti agli occhi un paradiso di lunghe spiagge, lagune e una piccola foresta di mangrovie, all’interno della quale si trova anche una grotta dove osservare i pipistrelli.
Qui Don Papa sostiene la Philippine Reef and Rainforest Conservation Foundation (PRRCF). Un’associazione che punta a favorire la conservazione dell’ambiente marino e terrestre nelle Filippine attraverso la lotta alla povertà, educando sulla gestione dei rifiuti e sviluppando progetti di ricerca. Nuotando tra le acque dell’isola si possono osservare coralli coloratissimi e una ricca fauna marina che vive indisturbata grazie alla tutela della PRRCF.
Un tassello importantissimo per preservare gli habitat delle Filippine e garantire a questo arcipelago un futuro longevo e ricco legato, con un sottilissimo filo, alla qualità del primo rum delle Filippine.
Immagini courtesy Don Papa, credits Mike Tamasco