Con o senza ananas l’East India Cocktail riporta indietro al tempo delle grandi conquiste coloniali e alla Compagnia delle Indie Orientali a cui si ispira grazie a ingredienti dal gusto spiccatamente fruttato.
East India, la storia del cocktail
Tra il 1600 e il 1800 la Compagnia delle Indie portò Gran Bretagna, Olanda, Francia e Portogallo a ottenere il monopolio del commercio da e per ricche aree geografiche. Assunse un’importanza commerciale e politica tali da contribuire all’espansione coloniale delle maggiori potenze marittime. Ma fu anche il nome di un cocktail dolce e avvolgente che ne ricorda la storia tra glorie e tragedie.
Il nome corretto del cocktail è East India e, in particolare, prende il nome dalla Compagnia delle Indie Orientali, i cui uomini sotto la Union Jack erano impegnati nei commerci con i territori a est del Capo di Buona Speranza. Grandi bevitori in patria quanto fuori dai confini inglesi, fecero del drink un appuntamento fisso. Dunque, se volete farvi un viaggio nel tempo, qui troverete la storia e la ricetta dell’East India Cocktail. Ingrediente più, ingrediente meno.
Le origini di un grande cocktail
Ovviamente, come tutti i drink storici di rispetto, la paternità dell’East India Cocktail si perde nella notte dei tempi. Avere diverse persone che se ne contendono l’idea e la prima realizzazione è per un drink una sorta di vanto. Come dire, è talmente buono e apprezzato che tutti avrebbero voluto averlo creato per primi. Visto il gusto ricco dell’East India Cocktail diverse sono le mani, dunque, che si dice lo abbiano plasmato.
C’è chi lo fa risalire alla seconda metà del 19° secolo, quando sembrava fosse apprezzato appunto dagli inglesi nelle colonie, ma è altrettanto probabile che l’East India sia stato ideato in uno dei bar nei grand hotel alla moda europei altrettanto frequentato. Ma andiamo per gradi, o meglio per date. Perché quelle sono l’unica cosa certa.
Le testimonianze scritte sul drink
Il primo riferimento scritto all’East India si trova nel New and Improved Bartender’s Manual del 1882 ad opera di Harry Johnson, dove una doppia dose di cognac viene aumentata da piccole quantità di curaçao rosso (dolce ed erbaceo), maraschino, bitter e sciroppo d’ananas. Due anni più tardi la The Modern Bartender’s Guide (1884) di OH Byron ne propone la ricetta che è essenzialmente la stessa di quella di Johnson, tranne per il fatto che nel testo si inserisce lo sciroppo di lampone al posto dell’ananas. Passa qualche anno e Johnson riprende quella stessa ricetta aggiungendo una ciliegia o un’oliva unite a una scorzetta di agrumi.
L’ananas nell’East India Cocktail
L’uso dell’ananas si consolida nell’età d’oro dei cocktail, come precisano Robert Vermeire e Harry MacElhone, scrivendone negli anni ’20. Passano 10 anni e sul Savoy Cocktail Book si leggono ingredienti come il brandy, il curaçao, del bitter e il succo al posto dello sciroppo d’ananas, che costituisce il “nuovo” East India. Ne tentano poi una sorta di codificazione le pubblicazioni Cocktails di Jimmy Late del Ciro’s di Londra (1930) e Café Royal Cocktail Book (1937) di W. J. Tarling.
Una cosa è certa. Tra ingredienti che vanno e ingredienti che tornano dell’East India c’è, tra gli esperti, chi distingue ben due diversi cocktail: East India n1 e l’East India n2, la cui differenza è data dalla ricetta con o senza ananas.
Ma i gusti sono gusti. David Embury, per esempio, negli anni ’40 suggerisce che il solo maraschino può essere usato al posto del succo d’ananas in modo da aggiungere un po’ più di dolcezza al cocktail che forse non ne aveva abbastanza.
Ma voi come lo preferite? Questa è la cosa più importante. Qui indichiamo la ricetta presa dal The Modern Bartender’s Guide di OH Byron, quella senza ananas per intenderci.
East India cocktail, la ricetta
Ingredienti
- 60 ml brandy
- 5 ml liquore curaçao rosso
- 5 ml sciroppo al lampone
- 2,5 ml liquore al maraschino
- 2 dash bitter
Preparazione
Miscelare tutti gli ingredienti insieme e poi filtrare il liquido in una coppa ben ghiacciata.
Garnish
Decorare con scorza di limone.