I poeti non saranno mai d’accordo, attenti come sono alle assonanze, ma non è irragionevole sostenere che highball faccia rima con stagione calda. In fondo, parliamo di cocktail dissetanti, quasi sempre serviti ghiacciati. Si tratta di long drink, e forse è bene prenderla alla larga e partire da qui.
Prima dell’highball: cos’è un long drink
Quella fra long drink e short drink è la principale distinzione applicabile al mondo della mixology. Fatto salvo che parliamo in entrambi i casi di misture, sono uno l’opposto dell’altro.
I lunghi sono mediamente poco alcolici (attorno al 20%) o addirittura completamente analcolici, mentre i corti possono essere vere sberle; i primi si servono in maggiore quantità (16-40 centilitri) e i secondi sono invece adatti a bicchieri piccoli.
E poi: gli short drink si preparano anche senza ghiaccio, al contrario i long drink spesso ne utilizzano in quantità. Insomma, un long drink è abbondante, fresco, adatto per un consumo a tutta giornata.
Gli highball, cosa sono e come sono nati
Dunque un highball è un long drink, e fin qui tutto ok. L’ulteriore caratteristica che non può mancare è che devono esserci ghiaccio e una bevanda gassata, di solito in un rapporto 2:3 tra distillato (che deve essere uno solo) e filler (soda, tonica, cola, ginger beer, eccetera).
La guarnizione non è necessaria, ma nemmeno vietata, e vale la pena di servirlo in un bicchiere alto e cilindrico, chiamato proprio highball. Se queste sono informazioni ormai acquisite, tutt’altra cosa è avventurarsi nell’incertezza che circonda due nozioni: com’è nata questa famiglia di cocktail e la ragione del suo nome.
Probabilmente l’origine è legata al fatto che, a cavallo tra XIX e XX secolo, il whisky scozzese e il whiskey irlandese importati negli Stati Uniti erano spesso lontanissimi dalla finezza di oggi: erano blend sgraziati, aggressivi, sospettati di una distillazione un tanto al chilo. Robaccia, insomma, che diventava bevibile, persino gradevole, se allungata con dell’acqua gasata.
Se ne parla in questi termini in un articolo del New York Times datato 25 marzo 1904. E già in queste righe viene utilizzato il nome highball.
Perché si chiamano così?
Sull’origine del nome esistono sostanzialmente due versioni. Potrebbe essere nato negli ultimi anni del XIX secolo dall’unione delle parole high (perché il drink era servito in bicchieri alti) e ball (termine per indicare “drink of whiskey”).
La seconda ipotesi è più affascinante, ma più avventurosa in termini di consequenzialità logica. È legata al mondo delle ferrovie. Siamo ancora alla fine dell’Ottocento, quando il segnale di via libera dato ai treni a vapore arrivava innalzando una grossa palla rossa, che poteva essere vista a quasi un chilometro di distanza.
L’operazione di alzare la palla in cielo veniva chiamata highballing. Con un collegamento logico ardito, si può sostenere che i long drink serviti a bordo delle carrozze ristorante fossero chiamati highball proprio in riferimento al segnale di partenza. Potrebbe derivare da qui l’usanza, ormai perduta, di inserire una ciliegina nel cocktail.
Quali sono gli highball più famosi
Aneddoti a parte, ecco gli highball che vale la pena di (ri)provare.
Gin & Tonic
Il Gin &Tonic è l’imperatore incontrastato degli highball. Ogni volta che lo beviamo, inviamo un silenzioso ringraziamento alla Compagnia Britannica delle Indie Orientali, che pare l’abbia introdotto nel mondo occidentale. Oggi la quantità di gin e acque toniche presenti sul mercato consente di spaziare fra gusti diversissimi.
Whisky & Soda
Considerata la storia della brodaglia alcolica importata negli USA, è forse una delle prime incarnazioni di questa famiglia di cocktail (il vecchio nome era Scotch and Soda). Oggi è vietato farlo con un single malt di livello, ma la qualità media che caratterizza gli spiriti scozzesi giustifica comunque una ricetta semplicissima: whisky e acqua gasata. Basta.
Paloma
Paloma è la parola spagnola per indicare la colomba, ma non è chiaro come mai sia utilizzata per indicare un highball a base di tequila e soda al pompelmo rosa. Al di là dei misteri sull’origine del nome, è consentita l’aggiunta di succo di lime e persino di un poco di sale sul bordo del bicchiere. Se oltre al lime si aggiunge pure il succo di limone e quello d’arancia, si ottiene il Cantarito.
Cuba Libre
È nato a Cuba all’inizio del XX secolo, dopo che l’isola aveva conquistato l’indipendenza dalla Spagna in seguito alla guerra ispano-americana (il nome significa, appunto, Cuba libera). La base alcolica è il rum bianco e c’è chi aggiunge un goccio di succo di lime fresco. Meglio utilizzare una cola artigianale, piuttosto che quelle industriali: il risultato è meno stucchevole.