Quella dei Julep cocktail è una famiglia di miscele fresche, dissetanti e schiette. Aggettivo, quest’ultimo, che si spiega tenendo conto di una ricetta piuttosto semplice, che non consente di barare sugli ingredienti e di correggere in corsa eventuali errori.
Parliamo infatti di long drink con una base alcolica, ghiaccio e foglioline di menta, spesso schiacciata con un pestello e non di rado mescolata insieme a zucchero, lime o limone. Poche cose, insomma: da scegliere accuratamente e lavorare con sapienza.
Perché si chiamano così? La storia dei Julep cocktail
Secondo quanto raccontano Sara Camp Milam e Jerry Slater nel libro The Southern Foodways Alliance Guide to Cocktails, il nome Julep deriva forse dalla parola araba “golab”, che indicava l’acqua di rose e che probabilmente era utilizzata per rendere le medicine più appetibili. È un’ipotesi sensata, tenendo conto che un tempo era pratica comune aggiungere alcolici ai rimedi medici.
Siamo a cavallo tra XVII e XIX secolo, periodo che molte fonti indicano come quello che battezza la nascita dei Julep cocktail. Come spesso accade, quando parliamo di drink, certezze non ce ne sono. È però probabile che lo spirito utilizzato all’inizio fosse del rum o del brandy. Solo in un secondo momento, in particolare negli Stati Uniti, si sarebbe affermato il bourbon whiskey, grazie anche al consolidamento e alla crescita della sua industria.
La ricetta richiede amore e tempo
Perché un long drink sia un Julep è fondamentale la presenza di foglie di menta. Ed è qui che entra in scena l’amore. Non bisogna strapazzarle: bastano un paio di colpi di pestello perché rilascino tutta la fragranza.
Esagerare significa portare in primo piano note amarognole e sgradevoli. Il bravo bartender interviene giusto il minimo, senza imporsi, incoraggiando le foglioline a brillare di luce propria. Compie un piccolissimo gesto d’amore, insomma.
La seconda parola chiave di un buon Julep è “tempo”. Un concetto che torna utile quando ormai il cocktail è pronto: la presenza di cubetti di ghiaccio, o addirittura di ghiaccio tritato, fa sì che lentamente la miscela venga raffreddata e diluita.
Il gusto cambia dunque con il trascorrere dei minuti e invita a una degustazione rilassata. Sorseggiare, non trangugiare, è la regola da imparare.
I Julep cocktail più celebri
Se parliamo di fama nel mondo, la competizione fra Julep è una corsa a due. Tutti gli altri concorrenti restano indietro, staccatissimi. Per dire: quasi nessuno ha bevuto lo Champagne Julep. Tutti conoscono Mojito e Mint Julep.
Mojito
È il portabandiera alcolico di Cuba, fatto con rum, succo di lime, zucchero di canna, un pizzico di acqua frizzante (o acqua di Seltz) e, ovviamente, foglioline di menta. Pare che il precursore del cocktail così come lo conosciamo oggi sia stato inventato dal pirata e politico inglese Sir Francis Drake, già nel XVI secolo.
Impossibile esserne sicuri, ma la storia è affascinante e dunque la facciamo nostra. Tra l’altro, leggenda vuole che la regina Elisabetta I abbia imparato ad apprezzare il rum proprio grazie a Drake, che gliene fece dopo di ritorno da un viaggio in America latina.
Mint Julep
Niente lime: in questo caso ci sono menta, sciroppo di zucchero, un goccio d’acqua, ghiaccio tritato e una generosa porzione di bourbon. Nasce forse in Virginia, nei primissimi anni del XIX secolo, fatto con brandy o rum.
Poi si impone il whiskey, ma ancora nel 1862 la leggendaria Bar-Tender Guide di Jerry Thomas affermava che erano concesse cinque basi alcoliche differenti: cognac, brandy, gin, whiskey e persino vino della Mosella.
In ogni caso, oggi se chiedi un Mint Julep ti viene servito con del bourbon, senza pensarci un attimo. È la ricetta ufficiale ed è quella che ogni anno annaffia il Kentucky Derby, celebre competizione ippica.