Chiudete gli occhi e immaginate di entrare nella lobby di un hotel: come drink di benvenuto vi porgono un tiki a base di rum giamaicano. Il nome è Jungle Bird. Se succede questa cosa, allora avete viaggiato indietro nel tempo fino agli anni Settanta e siete a Kauala Lumpur, capitale della Malesia, fra le mura dell’Hilton Hotel.
Non l’Hilton di oggi, bensì l’albergo che successivamente diventerà il Crowne Plaza Mutiara e poi sarà demolito nel 2013: a riprova che l’originale esperienza del Jungle Bird, così come l’abbiamo raccontata, è oggi possibile solo attraverso l’immaginazione.
Diverso il discorso se parliamo del cocktail in sé stesso: per un quindicennio è rimasto racchiuso nei confini nazionali, ma alla fine li ha travalicati grazie a John J. Poister. Oggi potete chiederlo ai bartender di mezzo mondo, senza che questi vi guardino con un’espressione fra l’interrogativo e il preoccupato.
La nascita del Jungle Bird
La nostra storia comincia il 6 luglio 1973, lo stesso giorno dell’apertura dell’Hilton. All’interno dell’hotel c’è il lussuoso Aviation Bar, e il beverage manager si chiama Ong Swee Teik, classe 1948, conosciuto anche con il nome Jeffrey Ong. È lui a inventare il Jungle Bird.
Lo chiama così in omaggio ai volatili che si possono ammirare dalle poltrone del locale, guardando fuori dalla grande vetrata, in direzione della piscina, dove una quantità di uccelli sono allevati e tenuti in zona attraverso apposite reti. Gli storici dell’Hilton ci tengono a farci sapere che più avanti gli animali saranno liberati: un bel gesto, che riportiamo.
In ogni caso: Ong decide di servire il Jungle Bird in recipienti di ceramica a forma di uccellino, con un’apertura sulla coda dalla quale sorseggiare il drink. Il contenitore è bello, originale e un sacco di gente non lo restituisce (modo gentile per dire che lo ruba). Presto si decide di versare il cocktail in un calice da vino, con un volatile inciso su un lato: i furti calano a zero. La bevanda è però sempre quella, e piace. Solo che ci mette un po’ lasciare i confini patrii.
L’orgoglio della Malesia
La fama internazionale giunge nel 1989, quando John J. Poister pubblica il libro The New American Bartender’s Guide. Mai prima di allora il Jungle Bird era comparso su carta, nemmeno in Malesia. Tanto che Poister scrive un’inesattezza quando dice che il cocktail è stato inventato nel 1978. Come abbiamo visto, nasce cinque anni prima. La ricetta è però quella giusta e dunque la memoria più importante viene tramandata come si deve.
La fama del Jungle Bird conosce una nuova impennata quando compare nel libro Intoxica: scritto da Jeff ‘Beachbum’ Berry, pubblicato nel 2002 e dedicato ai drink esotici e poco noti prevenienti dall’era d’oro dei Tiki Bar. Qui la ricetta viene meglio specificata: Poister parla genericamente di rum scuro, Berry chiarisce che dev’essere giamaicano.
In questa forma si conferma come l’unico drink malese riconosciuto a livello internazionale. Con le parole di Kho Chee Kheong, bartender of the Year 2017 e proprietario di due eccellenti bar di Kauala Lumpur, il Coley e il Pahit: “È il drink che rappresenta la Malesia e che ha messo la cocktail culture malese sulla mappa del mondo!“.
La ricetta del Jungle Bird
Due cose, prima degli ingredienti e delle indicazioni sulla preparazione. La prima è che la ricetta funziona praticamente con ogni tipo di rum e questo ha consentito innumerevoli variazioni sul tema. Anche perché, ed è la seconda premessa, ciò che lo rende speciale è la presenza del Campari: è lui a dare un carattere leggermente amarognolo alla bevanda. Caratteristica che ne fa un’eccezione rispetto alla dolcezza tipica di moltissimi tiki.
Ciò detto, per preparare un Jungle Bird bisogna mettere in uno shaker del ghiaccio a cubetti, 45 ml di rum giamaicano, 25 ml di Campari bitter, 15 ml di sciroppo di zucchero, 120 ml di succo d’ananas fresco e 15 ml di lime appena spremuto. Agitare per bene e poi filtrare in un tumbler basso contenente ghiaccio tritato.
In The New American Bartender’s Guide John J. Poister dice che la guarnizione dev’essere composta da una ciliegia, una fetta di arancia, una di limone e un’orchidea. Oggi una fettina di ananas è considerata più che sufficiente.
Immagine di copertina courtesy Jigger & Pony