Il kombucha è un fermentato che recentemente ha conquistato una nicchia nel mondo dei cocktail. La sua storia è secolare e pare faccia bene alla salute, ma su questo secondo punto mancano evidenze scientifiche. Di sicuro è un ingrediente molto interessante per i drink.
Cos’è il kombucha
Il kombucha nasce dall’incontro fra il tè zuccherato e lo Scoby: acronimo di symbiotic culture of bacteria and yeast.
La coltura simbiotica di batteri e lieviti è popolare nella preparazione tradizionale dei cibi fermentati. In estrema sintesi, è una coltura di fermentazione composta da lievito, batteri dell’acido lattico e batteri dell’acido acetico. Per certi versi assomiglia alla cosiddetta madre dell’aceto, quella cioè che trasforma l’alcol in, appunto, aceto.
Dunque si prepara un tè zuccherato, lo si fa raffreddare, si aggiunge lo Scoby e la miscela così ottenuta si versa in un contenitore sterilizzato, insieme al kombucha fermentato in precedenza. In modo simile a quanto accade con il lievito madre, infatti, anche in questo caso il kombucha è costantemente rinnovato e può durare decenni.
La storia e gli effetti sulla salute
Fonti storiche permettono di affermare che il kombucha è nato nell’area nord-orientale dell’Asia, in particolare nella zona della Manciuria. Da qui si è diffuso attraverso l’impero russo, successivamente in Europa e poi nel resto del mondo. Tutto questo è molto tempo fa.
La sua fortuna deriva dalla preparazione, semplice e adatta alla routine domestica. E anche dai presunti effetti benefici sulla salute, sui quali, però, mancano solide prove scientifiche. Diciamo che il kombucha male non fa e nella sua composizione ci sono sostanze che influiscono positivamente sul nostro corpo. Quanto e come è ancora da determinare.
Come si utilizza in mixology
Il sapore del kombucha può cambiare a seconda dello Scoby e di variabili legate alla singola produzione: per esempio il tè utilizzato. Però ci sono alcuni elementi in comune: per prima cosa è una bevanda piuttosto frizzante, ha un basso contenuto di alcol e in linea di massima ha un gusto piccante e aspro.
È l’ingrediente ideale per aggiungere ai drink acidità, effervescenza e una nota inattesa. Quest’ultima rende delicato l’utilizzo in mixology. Non è immediato trovare il giusto equilibrio e fare in modo che ogni ingrediente si esprima al meglio, senza che uno prenda il sopravvento sugli altri. A maggior ragione se pensiamo che il kombucha può essere facilmente aromatizzato: con lo zenzero, la menta, i fiori di calendula e chi più ne ha più ne metta.
Detto questo, vale la pena di sperimentarlo con i cocktail delle famiglie dei collins (base alcolica, un elemento citrico, un altro dolce e un ultimo gassato) oppure degli highball (un distillato più una bevanda gassata). I bartender puristi vorranno preparare il kombucha da soli, ma ne esistono di realizzati a livello industriale, che facilitano la vita.