Un racconto di Fulvio Piccinino sulla storia degli amari tedeschi. Partita dalla metà del ‘400, arriva fino ai giorni nostri, con i prodotti di Underberg.
Germania e amari, una storia lunga quasi 600 anni
“La Germania ha una fortissima tradizione nella produzione degli amari, basti pensare che uno dei primi testi in assoluto sulla lavorazione delle erbe, il “Liber de ars distillandi”, è di Hieronymus Brunswigh nato nel 1450 a Strasburgo, oggi città francese, ma a lungo sotto il dominio tedesco” racconta l’esperto Fulvio Piccinino.
“Il testo, pubblicato postumo nel 1505, contiene uno studio attento e particolareggiato sulle erbe e le loro proprietà curative. Ci sono anche cenni alla distillazione per estrarre la cosiddetta quinta essenza” ovvero, ciò che oggi chiameremo principio attivo.
Da non dimenticare, poi, il fondamentale apporto di Paracelso, medico e filosofo, svizzero, nato a Einsielden, ma che studiò a lungo in Germania a Norimberga e Monaco di Baviera, dove soggiornò due anni. “A lui viene attribuito uno dei più famosi elisir della storia, il “Proprietatis” . Da questo, molto probabilmente, nacque poi il Lunga Vita, che fu prodotto fino alle soglie del Novecento” continua Piccinino.
I monasteri e la produzione degli amari
Oltre agli importanti personaggi citati dall’esperto, non si può trascurare anche la forte presenza della scuola abbaziale.
La Germania, infatti, conta decine di luoghi religiosi di estrema importanza, uno su tutti il Monastero di Maulbronn appartenente all’ordine Cistercense. “Edificato nel 1147 fu un importante centro produttivo con un’efficiente farmacia le cui erbe provenivano dai campi e dalla raccolta spontanea. Negli edifici splendidamente conservati, dove fra le altre cose fu girato “Il nome della Rosa”, si possono ancora visitare i locali dedicati a questo scopo” precisa Piccinino.
La tradizione degli amari d’erbe, dunque, è stata per lungo tempo racchiusa dentro le mura dei monasteri e delle abbazie. Qui i monaci realizzavano rimedi medici per la cura degli infermi. Le montagne e i fondo valle dove venivano edificate le abbazie cistercensi, erano infatti un’inesauribile fonte di erbe spontanee. Botaniche studiate e catalogate per i più svariati usi.
“Ma in Germania la scuola abbaziale si interseca con quella laica montana, appartenente alla farmacopea famigliare, dove solitamente le donne erano impegnate nella raccolta e nella produzione di elisir curativi e liquori di benvenuto. Il solvente che impiegavano poteva essere sia acquavite che vino” conclude l’esperto e autore di testi come “Sapere Bere”.
Amari, dalla medicina all’economia domestica
La metà dell’Ottocento vide il proliferare delle ricette di amaro che spesso passarono dai libri di medicina a quelli di liquoristica e di economia domestica.
“Sui testi italiani del periodo come “Il Manuale del Distillatore Liquorista” hanno grande risalto gli amari e gli elisir di scuola tedesca. Tra tutti spicca il Magenbitter o amaro stomatico, rigorosamente senza zucchero e con principi amari digestivi, con la sola presenza della liquirizia come apportatrice di dolcezza” rivela Piccinino.
“In pratica la nascita della farmacia chimica, la possibilità di estrarre i principi attivi dalle erbe utilizzando reazioni controllate, resero obsoleti decine di amari ed elisir d’erbe che presero a essere prodotti per curare disturbi minori, come la cattiva digestione o la mancanza di appetito”.
La nascita dell’amaro Underberg
Anche se il nome appartiene al fondatore Hubert Underberg, la parola “Underberg” è traducibile in “sotto la Montagna” a conferma di quanto affermato qualche riga fa da Piccinino.
“Le German Alps fanno infatti da sfondo alle bottigliette dell’amaro sul sito aziendale. Il bitter Underberg nasce da una ricetta segreta che si tramanda dal 1846. Questa prevede, attraverso un procedimento denominato Semper Idem, l’estrazione inalterata delle proprietà delle erbe, delle loro sostanze attive e delle caratteristiche aromatiche” racconta Fulvio Piccinino.
“L’utilizzo del latino e il metodo produttivo, fanno pensare nuovamente a una tecnica in uso nelle abbazie. Nei laboratori dei conventi fu messo a punto un procedimento che rispettava ogni componente. Fu infatti scoperto che ogni principio aromatico aveva bisogno di un determinato grado alcolico e di tempi di macerazione dedicati”.
Questo perché la stagionalità e le sue variazioni climatiche cambiavano la concentrazione di principi attivi e di conseguenza l’intensità. “Pioggia, sole e terreni di coltura influiscono sulle sostanze vegetali. Un’artemisia o una genziana cambiano nettamente profilo organolettico a secondo dei fattori ambientali e del luogo di raccolta”.
Il Marriage di Underberg esprime il massimo di ogni botanica
Verso la metà dell’Ottocento questo processo trovò la sua massima espressione nelle farmacie. Fu ben spiegato sui testi di liquoristica, tanto che nacquero produttori specializzati nel realizzare questo tipo di tinture innovative. Il plus? Ogni pianta esprimeva la sua massima espressione organolettica.
Per arrotondare il profilo aromatico delle erbe e creare il “marriage”, ovvero il tempo necessario affinché ogni pianta si integri perfettamente nel bouquet, l’amaro fa una sosta in botti grandi di rovere seguendo la grande tradizione in uso nelle abbazie.
“L’amaro viene prodotto in Germania a Rhienberg, città che, nel suo nome, comprende il più importante fiume tedesco, il Reno. Nella ricetta di Underberg non ci sono solamente erbe autoctone, molte delle quali visibili nel giardino azienda, ma ne comprende anche altre provenienti da 43 diversi Paesi, facendone un vero prodotto g-local. Il numero rimarca ancora una volta la probabile origine abbaziale.
Solo gli ordini religiosi erano in grado, con la loro fitta rete di abbazie, monasteri e santuari di reperire in ogni parte del mondo erbe e spezie. Una sorta di internet primordiale che fece degli ordini religiosi i pionieri in molti campi, dall’enologia alla distillazione” continua Piccinino.
Underberg, un vero e proprio toccasana
Questa caratteristica lo cataloga come un toccasana, rimedio universale di alchemica memoria che vedeva l’impiego di molte erbe, ognuna con un compito specifico. Pratica diffusa tra i certosini, che teorizzarono come l’unione di erbe aumentasse la loro efficacia e prevenisse eventuali effetti collaterali.
“La memoria va a Raimondo Lullo e ai primi alchimisti che teorizzarono quelli che vengono definiti i “cure all” o “alles heilen”, messi poi in pratica dalle farmacie dei monasteri francesi, tedeschi e italiani. La mancanza di zuccheri è un ulteriore conferma che il prodotto deriva dalla grande tradizione dei Bitter tedeschi e olandesi che influenzarono la scuola italiana di fine Ottocento” rivela l’esperto.
“L’edulcorazione, infatti, abbassava l’efficacia del principio attivo. L’ammorbidimento del profilo aromatico era solitamente lasciato ad anice, semi di finocchio e liquirizia, i cui oli essenziali hanno la capacità di regalare sensazioni dolci”.
Il formato dell’amaro Underberg e i suoi impieghi in mixology
Il formato “tascabile” da 2 cl permette di conservare inalterate le proprietà dell’amaro che potrebbero decadere con l’ossidazione. Il confezionamento riporta alla memoria il sistema in uso nelle farmacie, che avvolgevano i flaconi in carta crespa per evitarne la rottura.
Negli ultimi anni il bitter è sempre più usato in mixology per creare cocktail dal carattere deciso e dal gusto unico. In particolare, il Gin&Tonic, con un paio di gocce di Underberg assume un tono più erbaceo.
L’uso degli aromatic bitters di scuola americana o sudamericana può essere affiancato e sostituito dall’amaro Underberg, sia per rendere più interessante il profilo amaricante e vegetale di un vermouth, in un classico Vermouth Cocktail, che per un Hanky Panky.
Dove acquistare Underberg
Disponibile nelle particolari confezioni in “Beer Casse” e Tin box in latta decorata contenenti 12 bottiglie, si trovano nei migliori punti vendita italiani e sull’e-commerce di Onesti Group, dove, nell’autunno 2021, si potrà riservare la scatola di metallo con grafica dedicata all’anniversario dei 175 anni di Underberg.