La cocktail renaissance si sarebbe affermata anche senza il Milk & Honey, però l’avrebbe fatto più lentamente e, forse, con maggiore difficoltà. Questo leggendario bar ha dato un impulso fondamentale al ritorno dei cocktail classici e al nuovo trend degli speakeasy, diventando l’esempio da seguire per un’infinità di locali nel mondo.
La nascita del Milk & Honey
Tutto inizia grazie a un luogo, un anno e un nome. Il luogo è il Lower East Side di New York City. Siamo nei mesi che precedono la fine del 1999, e Sasha Petraske sta mettendo a punto il progetto che sogna da tempo. L’apertura al pubblico avviene il 31 dicembre 1999.
Nella storia della mixology esiste un prima e un dopo questa data. Presto si capisce che il Milk & Honey è radicalmente eccentrico rispetto al grosso dei bar del tempo. Gli avanguardisti della cocktail renaissance iniziano a frequentarlo, mentre il pubblico più curioso lo elegge a meta irrinunciabile. Il successo porta all’apertura di una filiale a Londra, nel quartiere di Soho (2002).
Qualche anno più tardi, nel 2009, la prima edizione di The World’s 50 Best Bars conferma l’assoluta eccezionalità del Milk & Honey: al primo posto della lista compare la sede di Londra, al secondo quella di New York. Tutti gli altri a seguire, ammirando da lontano il faro del bere di qualità.
Il ritorno dei cocktail classici
Per comprendere appieno l’importanza del Milk & Honey bisogna tenere conto di un fatto: il Proibizionismo (1920-1933) aveva inferto un durissimo colpo alla cultura dei cocktail, favorendo l’affermazione di distillati e miscelati dozzinali.
Nel libro The Fine Art of Mixing Drinks, scritto da David Embury, si legge che in quegli anni i liquori erano “talmente cattivi” che “lo scopo principale della miscelazione di un cocktail era di aggiungere abbastanza zucchero e abbastanza ingredienti aromatizzati da rendere sopportabile l’intruglio che ne risultava”. La fine del Proibizionismo non aveva cancellato le cattive abitudini: ancora negli anni Novanta la scena newyorkese era piuttosto rozza. Ciò che contava era sbronzarsi il più in fretta possibile, poco importa con cosa.
Sasha Petraske elimina la sbronza dall’equazione e pone l’accento sulla degustazione. Utilizza ingredienti di primissima qualità, recupera le ricette classiche e le prepara con la massima attenzione alle proporzioni. Con lui il barman smette di essere un propinatore di robaccia alcolica e diventa un rispettato professionista, che sa cosa sta facendo e necessita di adeguata formazione.
Le regole del Milk & Honey
Agli avventori si chiede di adeguarsi allo stile di chi sta dietro il bancone. Da qui le regole del Milk & Honey, che tra l’altro consentono di immaginare quale fosse il comportamento tipico in molti altri locali.
- Non si può pretendere un trattamento d’eccezione dovuto alla propria fama, o al fatto di conoscere gente famosa;
- Niente fischi, urla, schiamazzi o altri comportamenti rumorosi;
- Niente litigi o risse, nemmeno per gioco. E nemmeno si parla di queste cose;
- I signori devono togliersi il cappello, appendendolo agli appositi ganci;
- I signori non prenderanno l’iniziativa di presentarsi alle signore. Signore, sentitevi libere di chiedere al barista di presentarvi a qualcuno. Se un uomo che non conoscete vi rivolge la parola, per favore alzate leggermente il mento e ignoratelo;
- Non indugiare fuori dalla porta d’ingresso;
- Non portare persone che non lasceresti da sole in casa tua: sei responsabile del comportamento dei tuoi ospiti;
- Esci dal bar in modo rapido e silenzioso: la gente dall’altra parte della strada sta cercando di dormire;
- Per favore, prima di lasciare il bar organizza il rientro a casa e saluta tutti.
Del Proibizionismo Sasha Petraske conserva una suggestione: gli speakeasy. Però li rimodella a proprio uso e consumo. Se quelli originali erano locali clandestini, non sempre particolarmente curati, la sua versione è una sorta di salotto perbene.
Con le parole di un articolo pubblicato sul Wall Street Journal nell’aprile 2007, a firma di Eric Felten: “Il luogo era piccolo e volutamente poco appariscente, e combinava cocktail realizzati ad arte con un’estetica anti-celebrità. Il Milk & Honey ha rifiutato la scena di Manhattan, fatta di corde di velluto e contesto glam, sostituendola con il gusto di appartenere al novero di coloro che apprezzano una novità ancora per pochi“.
Il trend degli speakeasy
Insomma, nel Milk & Honey si beve bene, in un ambiente rilassato e rispettoso: l’affermazione della cocktail renaissance fa sì che Sasha Petraske e il suo bar siano presi ad esempio. Molti però lo emulano senza ispirazione alcuna. E se i cocktail era più facile copiarli (esistevano le ricette precise), altro discorso era ricreare l’atmosfera. Chi ha potuto viverla in prima persona giura che era inimitabile.
La fine
Nel 2013 Sasha Petraske apre il Milk & Honey 2.0, presso il Flatiron District di Manhattan. La nuova sede non modifica radicalmente il DNA del successo, ma ha vita decisamente meno breve: tempo un anno e non è più operativa.
Petraske muore nel 2015, a soli 42 anni d’età: stava lavorando alla terza incarnazione del Milk & Honey, che non vedrà mai la luce. La sede londinese regge botta fino al 2020 e poi chiude, togliendo dalla mappa l’ultima vestigia della rivoluzione iniziata il 31 dicembre 1999, dall’altra parte dell’oceano.