In Grecia hanno inventato un sacco di cose: la democrazia, il teatro, le olimpiadi. E pure l’ouzo, un distillato aromatico che è l’orgoglio della Repubblica Ellenica.
Cos’è l’ouzo e come si produce
L’ouzo è un distillato aromatizzato con erbe di vario tipo: in primis l’anice, che gli conferisce un sapore caratteristico. Qua e là capita di leggere che la base di partenza è l’acquavite d’uva, ma il regolamento europeo non è altrettanto preciso: parla genericamente di liquido alcolico, senza ulteriori specificazioni.
Prendendo come fonte la legge vigente apprendiamo che può essere chiamato ouzo quello prodotto “esclusivamente in Grecia o esclusivamente a Cipro”. L’aromatizzazione avviene “per distillazione o macerazione” e non ci sono divieti all’uso di determinate erbe. Dev’esserci per forza l’anice, ma per il resto c’è massima libertà di scelta. Si fa però esplicito riferimento ai semi di finocchio e a quelli di un particolare tipo di lentisco che cresce sull’isola di Chios.
La distillazione avviene “in alambicchi tradizionali discontinui di rame” e il liquido imbottigliato deve avere “un titolo alcolometrico non inferiore a 55% vol e non superiore a 80% vol”. Poco più avanti si legge che è permesso scendere fino al 37,5%: sono i dettagli che fanno impazzire i legislatori. Per raggiungere la gradazione alcolica desiderata è consentito ricorrere all’acqua, e in alcune zone della Grecia meridionale nell’acqua viene sciolta una piccola quantità di zucchero.
Seguono chiarificazione e imbottigliamento, senza affinamento in legno.
Un po’ di storia
Le origini dell’ouzo non sono chiare. Probabilmente all’inizio ha avuto un ruolo importante il raki turco. Facendo tesoro di questa influenza, pare che a un certo punto del XIV secolo alcuni monaci del Monte Athos abbiano iniziato a distillare una sorta di grappa, lo tsipouro. Da qui, e attraverso passaggi non meglio specificati, siamo giunti all’ouzo.
Balzo in avanti nel tempo ed eccoci all’anno 1856, quando viene fondata la prima distilleria di ouzo e inizia la produzione commerciale così come lo conosciamo oggi. Un secolo e mezzo dopo, nel 2006, la Grecia ottiene dall’Unione Europea il riconoscimento della denominazione di origine protetta.
Come si degusta
I Greci prendono molto seriamente l’ouzo e così dovremmo fare noi. Significa berlo con calma, nel tardo pomeriggio o nelle primissime ore della sera, fresco ma non ghiacciato.
Per ottenere la giusta temperatura è consentita l’aggiunta di qualche cubetto di ghiaccio, un’operazione che lo fa diventare opaco: dipende dagli oli essenziali dell’anice, che si dissolvono completamente in un liquido ad alta gradazione, ma che tornano a farsi vedere quando quest’ultima cala (il ghiaccio implica diluizione).
L’ouzo è tradizionalmente accompagnato da mezedes, stuzzichini spesso preparati con polpo, calamari, sardine, zucchine fritte e insalate. Assai di rado è utilizzato come ingrediente di un cocktail, ma è un valido sostituto di altri alcolici a basi di anice. Per esempio l’assenzio, il pastis e la sambuca.