Narra la leggenda che Orson Welles e John Wayne amassero il pisco, dunque questo distillato sudamericano gode dell’imprimatur di due stelle del cinema. Sono due anche le nazioni che si contendono la denominazione di origine: Cile e Perù.
Cos’è il pisco
Il pisco è un distillato di succo d’uva fermentato. Gli storici posizionano la sua data di nascita nel corso del XVI secolo, quando i colonizzatori spagnoli lo introdussero in Sud America. L’idea era di mettere fine alla costosa importazione di brandy dalla madrepatria, producendo una bevanda alcolica in loco e ottimizzando in questo modo la distribuzione oltreoceano.
Come e dove si produce
Perù e Cile si litigano la paternità del pisco. I peruviani dicono che lo producono da secoli e che il nome deriva dalla città di Pisco, situata nella zona centro-meridionale del paese. I cileni rispondono vantando un’analoga tradizione secolare e sottolineando che nel XVI secolo il Perù non esisteva e nemmeno il Cile. Praticamente l’intero territorio era compreso nel vicereame del Perù, espressione dell’impero coloniale spagnolo.
Entrambi i paesi vorrebbero che il nome pisco fosse associato esclusivamente al distillato prodotto all’interno dei loro territori. Questioni di orgoglio patrio e di convenienza commerciale impediscono ogni soluzione e di conseguenza il distillato continua ad avere due case.
Il pisco cileno
Il punto di partenza è il succo fermentato di uve Moscatel, Pedro Ximénez e Torontel. Segue una distillazione continua, che può essere ripetuta anche più volte, ed è concessa la diluizione con acqua, così da ridurre la gradazione alcolica finale. Da qui le quattro categorie ufficiali: corriente (minimo 30% ABV), especial (minimo 35%), reservado (minimo 40%) e gran pisco (minimo 43%).
Inoltre, la legislazione del Cile consente un breve affinamento in botti di legno: se l’invecchiamento è di 180 giorni si parla di un pisco guarda, se è di 360 giorni di un pisco envejecido.
Il pisco peruviano
I vitigni utilizzati in Perù sono otto: Quebranta, Negra Criolla, Mollar, Uvina, Moscatel, Italia, Albilla e Torontel. La distillazione è una sola ed è discontinua. Non è consentita l’aggiunta di acqua (la gradazione media si aggira attorno a 42% abv) e non è previsto un passaggio in legno.
Infine, il pisco peruviano è suddiviso in quattro categorie a seconda dell’uva distillata:
- puro, ottenuto da uve non aromatiche
- aromatico, ovviamente ottenuto da uve aromatiche
- acholado, che si ricava mescolando le due tipologie d’uva
- mosto verde, ottenuto da mosto a fermentazione incompleta, quando cioè il processo di fermentazione non ha completamente trasformato gli zuccheri in alcol (dunque il profilo aromatico è più dolce)
Come si degusta: 3 cocktail da non perdere
Ci sono similitudini fra il pisco e il brandy e ciò porta a degustazioni simili. Si può bere liscio, a temperatura ambiente (a meno che non sia eccessiva), con acqua e ghiaccio a parte. E senza fretta, concedendosi il tempo per apprezzarne tutta la varietà di aromi e sapori. È anche un ottimo ingrediente di cocktail, in primis il famosissimo Pisco Sour.
Pisco Sour
Nato grazie a un immigrato statunitense, il signor Victor Morris, il Pisco Sour è il portabandiera dei drink a base di distillato di succo d’uva. Si serve in un bicchiere old fashioned, con qualche cubetto di ghiaccio e dopo avere shakerato con energia pisco, succo di limone, zucchero e bianco d’uovo. 3-4 gocce di bitter, aggiunte alla fine, completano il cocktail.
Pisco Punch
Nato alla fine del XIX secolo, a San Francisco e per mano di Duncan Nicol, il Pisco Punch ha fama di essere il primo drink a base di pisco. Della ricetta originale si conoscono gli ingredienti, ma non le proporzioni né la lavorazione. Conteneva distillato peruviano, succo d’ananas, succo di limone, sciroppo di zucchero, gomma arabica e acqua distillata.
Piscola
Si prepara con distillato cileno e cola, spesso in proporzione 1:1, all’interno di bicchieri highball colmi di ghiaccio. In Cile è una sorta di bevanda nazionale e vanta pure un giorno ufficiale di celebrazione: l’8 febbraio di ogni anno. Esistono versioni che sostituiscono la cola con altri soft drink, per esempio tonica o ginger ale, ed esiste pure la controparte peruviana. Va sotto il nome di Perù Libre e ovviamente prevede l’uso del liquore locale.