Interrogativi del genere prima o poi nella vita arrivano. Qual è il modo più corretto per definire il distillato d’agave? Ecco cosa abbiamo scoperto
Una cosa è certa: senza il distillato di cui vi stiamo per parlare, un Margarita cocktail non sarebbe lo stesso. E molto probabilmente neanche la crusta di sale avrebbe molto senso. Si sa, tra di loro vanno a braccetto.
Alla parola tequila i bartender ci capiscono al volo. E crediamo ben poco che, in quei momenti, siamo sopraffatti da dubbi di genere e fonetici su quale sia il modo più corretto di chiedere il distillato d’agave nel nostro locale di fiducia.
In Messico e oltre il Messico, il distillato è celebrato, venerato, versato in tutti i bicchieri che riuscite a immaginare.
Sappiamo bene che per la sua produzione ci si basa su un particolare tipo di agave, l’agave blu. Che esistono moltissimi brand che offrono sul mercato un prodotto eccellente, bianco o ambrato –qualora il distillato subisca una fase d’invecchiamento. Ma qual è il modo giusto di definirlo?
È più corretto dire la tequila o il tequila?
È di questo che oggi vi vogliamo parlare. Più che altro per farvi fare bella figura al bancone. E per fare certamente un figurone davanti ai vostri amici.
Perché proprio voi che state leggendo, siete mixology lover ma anche mixology conscious. Quindi, con oggi imparerete che si dice “il tequila” e non “la tequila”.
Quella femminile è soltanto l’accezione più comune, che in un certo senso diamo per scontata.
Per quale motivo?
Sicuramente perché la parola utilizzata per definire il distillato termina in –a, dunque, è automatico che pensiamo che il termine sia 100% femminile.
In Messico, che sapete essere la culla del distillato, gli abitanti e gli esperti dicono “el tequila”. Per di più, anche le tre varianti che ne diversificano la produzione sono indicate al maschile.
Facciamo un rapido ripasso.
Ecco le tre tipologie di tequila in commercio
C’è il blanco, che si riferisce al distillato immediatamente imbottigliato senza subire alcun processo d’invecchiamento. Il tequila sarà dunque cristallino. Il reposado, è fatto riposare meno di un anno all’interno di botti di quercia, mentre l’anejo è invecchiato tra uno e tre anni sempre all’interno di botti di quercia.
Nella nostra lingua italiana, la traduzione di questi termini ci porta senz’altro a considerarne l’uso al maschile. Perché non dovrebbe essere così anche per il distillato?
Comunque, chi ne sa di beverage e di mixology –pur non essendo messicano- è solito dirlo al maschile: non è questione di darsi un tono, come al contrario potrebbe sembrare. Si tratta più che altro di chiamare le cose nel modo giusto.
Il mistero è svelato!
A parte questo, la questione tra “il tequila” messicano e “la tequila” più italianizzata non è un caso eccezionale del nostro istinto linguistico che ci porta a definire il genere più azzeccato per una parola, a partire dall’ultima lettera che la compone. È una sensazione di comfort irrinunciabile.
Adesso che lo sapete, fatelo sapere a chi non lo sa ancora e ditegli anche che, se non lo impara, sarà indetto uno sciopero di Margarita.
Come sempre, cheers!