Croce e delizia di ogni bartender, il twist on classic è una sorta di prova del nove. Superarla certifica un certo grado di eccellenza, sbagliarla implica che c’è ancora molto da studiare. Esistono corsi che ti insegnano a padroneggiare quest’arte e c’è almeno un libro che vale la pena di leggere a riguardo (è italiano: ci torneremo). Partiamo dalle basi.
Cos’è un twist on classic
Un twist on classic è un cocktail che prende spunto da una ricetta classica introducendo una variazione rispetto all’originale. Può cambiare un ingrediente, per esempio, oppure si può utilizzare una tecnica differente. Dipende dall’estro di chi sta dietro il bancone.
Il risultato è intrigante: il drink originale si riconosce, è tutto lì, ma nel contempo si percepisce chiaramente un elemento eccentrico. Una nota che può sorprendere, magari grazie a un ingrediente insolito, oppure che aggiorna un classico ai gusti contemporanei. Per esempio, riducendo l’intensità alcolica, oggi che molti gradiscono un approccio più light.
Perché farlo
Avere in lista uno o più twist on classic non è obbligatorio, ma quasi. Risponde soprattutto alla volontà di dare un tocco personale al proprio bar e distinguerlo dagli altri.
La riscoperta delle ricette classiche, avvenuta grazie alla cocktail renaissence, è ormai un dato acquisito e non è difficile trovare drink preparati come si deve. In Italia ci sono zone dove un bar vale l’altro, se chiedi un Martini o un Old Fashioned: c’è uno standard di base garantito. Da qui la necessità di un twist che attiri l’attenzione.
Esiste ovviamente la possibilità di puntare sui signature cocktail, ma qui entriamo in un territorio delicato. Non di rado la sacrosanta voglia di sperimentare conduce a cocktail molto complicati, pure troppo. Da preparare come da gustare. Una dimostrazione d’abilità che però rischia di esaurirsi in sé stessa.
Dal canto loro i classici offrono semplicità e immediatezza, talvolta con soli due ingredienti e con tecniche di preparazione tutto sommato facili. Ed è qui che la variazione sul tema si presta ad evitare esagerazioni, garantendo comunque spazio a creatività e innovazione.
Diverse tipologie di twist on classic
All’inizio accennavamo a un libro. Si tratta di Twist on classic – I grandi cocktail del Jerry Thomas Project, pubblicato nel 2019 e firmato da Leonardo Leuci, Roberto Artusio, Antonio Parlapiano e Alessandro Procoli. Vale a dire le quattro anime di un tempio della mixology italiana, appunto il Jerry Thomas Project.
Gli autori approfondiscono la questione del twist on classic affermando che questi possono essere di tre tipi: orizzontali, verticali e diagonali.
- I twist orizzontali sono quelli che sostituiscono uno o più ingredienti mantenendone la coerenza di base. Dunque, un distillato al posto di quello originale, un dolcificante al posto di un dolcificante, una parte acida al posto dell’elemento acido e via dicendo.
- I twist verticali prevedono un’aggiunta. Nello specifico un elemento di tipologia diversa rispetto a quella degli ingredienti classici. Magari inserendo sapidità là dove non ce n’era traccia.
- I twist diagonali sono come quelli orizzontali, cioè implicano una sostituzione e non un’aggiunta. Ma in questo caso «si sostituisce un ingrediente della ricetta base con un altro di tipologia differente ma che persegue lo stesso scopo dell’ingrediente originale (dolcificante alcolico in luogo di dolcificante analcolico, soluzioni e preparazioni acide in luogo di succo di agrumi)».
Infine, nessuno vieta di mescolare le tre dimensioni. Lo scopo ultimo è di partire da un classico e reinventare un nuovo equilibrio perfetto di aroma e gusto. Una piccola modifica orizzontale può motivare un aggiustamento verticale o diagonale, e viceversa. L’abilità del bartender sta nel trovare la proverbiale quadratura del cerchio.