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Whisky torbato, un trionfo di note affumicate

Ci sono whisky molto diversi per ingredienti, ricette e provenienza, ma accomunati da un’inconfondibile nota affumicata. Come il whisky torbato, un distillato molto apprezzato in Italia.

Cos’è il whisky torbato e cos’è la torba

Dire whisky torbato è come dire whisky affumicato, ma l’aggettivo torbato identifica l’elemento responsabile di questo particolare profumo e gusto. Appunto la torba, cioè quel composto vegetale che si forma in ambienti molto umidi, quando residui di varia provenienza (in Scozia, soprattutto erica) si decompongono e compattano.

La formazione della torba è un processo molto lento e si può verificare in varie parti del mondo. La produzione di scotch whisky ha messo sotto i riflettori quella scozzese, ma occorre ricordare che esistono distillati affumicati provenienti anche da altre nazioni. Per esempio Giappone e Irlanda.

Perché il whisky torbato sa di fumo

La torba può essere bruciata: fatte le dovute differenze, funziona come il carbone. Quindi può essere utilizzata in una fase precisa della creazione di un whisky: la maltazione.

All’inizio della lavorazione, un cereale (spesso l’orzo) viene fatto germinare. In estrema sintesi, occorre inumidirlo per trasformare l’amido in maltosio. A un certo punto la germinazione dev’essere bloccata, per evitare di consumare completamente gli zuccheri: di conseguenza il cereale è riscaldato e asciugato.

In questo momento può entrare in scena l’operazione che produce affumicatura. Accade quando la torba è posizionata in appositi forni che consentono al fumo di attraversare i chicchi di cereale. Il calore asciuga e nel contempo affumica (grazie alla formazione di polifenoli). Nient’altro produce queste specifiche note organolettiche: esclusivamente il contatto diretto tra fumo e malto.

Come la torba influenza il gusto

L’affumicatura è la nota più evidente di un whisky torbato, ma dobbiamo ricordare che c’è torba e torba. Infatti, le zone di provenienza producono torbe differenti, perché sono diversi i vegetali che le compongono. Quelle di un’isola si distinguono da quelle collinari, per esempio.

Sono anche importanti i metodi di estrazione, perché utilizzando macchinari avremo una torba più secca rispetto a quella lavorata esclusivamente a mano. In questo secondo caso avremo una maggiore presenza di oli. Insomma, provenienza ed estrazione determinano sentori balsamici, vegetali e di iodio più o meno ricchi.

Come si misura il livello di torba

La torba si misura in parti per milione di polifenoli (ppm). In linea di massima, un livello basso di affumicatura corrisponde a un whisky con meno di 15 ppm, mentre un livello medio può arrivare fino a 39 ppm e quello alto va dai 40 ppm in su.

Occorre un chiarimento, però: la quantità di ppm è sempre calcolata sull’orzo maltato. Cioè in base alla durata dell’asciugatura: in linea di massima, poche ore di forno producono ppm bassi, alcuni giorni determinano ppm alti.

Poi però interviene la distillazione, che “brucia” ppm: più numerosi i passaggi in alambicco, maggiore è la riduzione. La stessa cosa avviene con l’affinamento in legno, che rende meno intensa la nota affumicata con il trascorrere del tempo. In ultimo dobbiamo considerare gli ingredienti di partenza, perché il loro profilo aromatico influenza la capacità della maltazione di imporsi.

Tutto questo per dire che, a parità di ppm, possiamo incontrare gusti anche molto distanti gli uni dagli altri. Le degustazioni consapevoli restano l’unico modo per orientarsi davvero all’interno di un mondo piuttosto vasto.

Prima di chiudere, segnaliamo che è possibile ottenere leggere note affumicate senza che il fumo della torba entri in contatto con i cereali. Accade quando un whisky matura in botti che precedentemente hanno ospitato un prodotto torbato. In questo caso, in etichetta potremmo trovare la dicitura “peated cask”.